Anche il colosso dell'arredamento low
cost riduce il business in Russia, ma lascia una porticina
aperta: Ikea ha annunciato la vendita delle 4 fabbriche nel
Paese e lo stop al commercio al dettaglio, che rimarrà
concentrato in 14 mega store. A pesare sulla decisione
"difficile ma necessaria, i processi di business e le catene di
rifornimento che si sono fortemente deteriorati in tutto il
mondo nelle ultime settimane", recita il comunicato ufficiale
del colosso svedese, che non cita mai il conflitto in Ucraina.
Ikea assicura ai 15 mila dipendenti "pieno sostegno" anche
psicologico, lo stipendio garantito fino a dicembre e il
pagamento dei contributi previdenziali, ma l'inevitabile
licenziamento per almeno la metà della forza lavoro in Russia.
Per dare maggiore sostegno ai lavoratori in uscita metterà in
vendita online tutti i prodotti dei negozi che chiuderanno i
battenti, ma che non saranno per ora venduti. I mega store del
resto, enormi e capaci di accogliere mediamente 250 milioni di
persone l'anno, sorgono nelle 11 città più popolose del Paese,
letteralmente irraggiungibili per un'ampia fetta dei clienti
nella vasta Russia.
Per quanto riguarda le fabbriche, gli investitori russi si
sono già fatti avanti: il governatore della regione di Novgorod,
che ospita due impianti, assicura che "entro due-tre mesi"
riapriranno con una nuova proprietà.
Ikea è solo l'ultimo dei grandi marchi a ridurre se non
interrompere del tutto il proprio business in Russia. Il più
clamoroso è il caso McDonald's, che ha chiuso i battenti ed è
stato prontamente rilevato dall'imprenditoria di Mosca.
Domenica, nel pieno dei festeggiamenti per la festa nazionale,
lo storico fast food di piazza Pushkin ha riaperto: ora si
chiama 'Vkusno i totchka', ovvero 'Buono e basta'.
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