BUDAPEST - Con l'aumento dei tamponi e una media di oltre 5.000 nuovi contagi da Covid-19 al giorno, il servizio sanitario in Ungheria "si avvicina al collasso" e fra poco "si arriverà al dilemma il cui il medico deve decidere chi salvare e chi no": lo ha dichiarato il vicepresidente dell'ordine dei medici ungheresi (Mok), Tamas Sved. Ieri si sonio registrati cinquemila nuovi casi e 103 morti, un record, che fanno dell'Ungheria il terzo Paese per decessi in rapporto alla popolazione dopo il Belgio e la Repubblica ceca, ricorda.
I letti disponibili negli ospedali - denuncia Sved - sono ormai pochissimi, e mancano medici ed infermieri qualificati, nei reparti di terapia intensiva, dove, per supplire alle carenze, stanno lavorando "anche dentisti e psichiatri".
Secondo molti osservatori, le misure annunciate la settimana scorsa dal premier Viktor Orban sono largamente insufficienti, visto, fra l'atro, che non è stato chiuso nulla, che restano aperti scuole, ristoranti e locali, negozi, impianti sportivi.
"Il paese deve funzionare, l'economia non va fermata", aveva detto Orban, che ha tuttavia promesso di impegnarsi a importare da gennaio, i futuri vaccini russo o cinese, malgrado il fatto che nessuno di questi prodotti abbia ancora ottenuto luce verde dalle autorità dell'Ue perché non hanno ancora completato la sperimentazione.
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