Ancora tensioni oggi in Turchia durante le manifestazioni per protestare contro l'arresto ieri di 9 deputati del partito filo-curdo Hdp, tra cui i leader Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. La polizia ha disperso con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua un corteo a Istanbul, organizzato nel quartiere centrale di Sisli da diverse sigle di opposizione al presidente Recep Tayyip Erdogan. Nella stessa zona, continua il presidio contro l'arresto dei giornalisti del quotidiano laico Cumhuriyet. Altre proteste si segnalano in diverse città del Paese.
La Turchia di Recep Tayyip Erdogan ha decapitato l'opposizione curda, arrestando con l'accusa di sostegno al "terrorismo" del Pkk 9 deputati del partito Hdp. Un colpo durissimo, che suscita allarmi a livello internazionale e spinge l'Ue a parlare di "democrazia compromessa". In un Paese già spaccato dopo il fallito golpe del 15 luglio e le maxi-purghe di decine di migliaia di persone, l'arresto dei parlamentari curdi ha scatenato reazioni di piazza da Istanbul ad Ankara fino a Diyarbakir, subito represse con la forza dalla polizia, che ha fermato decine di persone. Per evitare le manifestazioni, le autorità hanno anche bloccato per ore i social media, da Facebook a Twitter, e le app di messaggistica come WhatsApp.
nella mattinata di ieri, con gli arresti ancora 'caldi', un'autobomba attribuita al Pkk era esplosa davanti a un edificio della polizia nella 'capitale' curda Diyarbakir, provocando 9 morti, tra cui 2 agenti, e un centinaio di feriti. In serata è giunta però la rivendicazione dell'Isis.
Una giornata di passione in cui la lira turca è crollata ai minimi storici contro euro e dollaro. Ma davanti alle critiche di Bruxelles, Ankara tira dritto: "Non accettiamo lezioni sullo stato di diritto dall'Ue", dove "molti Paesi danno un forte sostegno al Pkk". I blitz contro i deputati curdi sono stati condotti in piena notte in 5 province del sud-est. A vario titolo, sono accusati di aver sostenuto il Pkk e fatto propaganda in suo favore. Nei raid sono stati fermati 12 deputati, che si erano rifiutati di presentarsi spontaneamente ai magistrati. Dopo gli interrogatori, tre sono stati rilasciati in libertà condizionata, con divieto di espatrio. Altri tre ricercati non sono stati trovati, due di loro sarebbero all'estero. Dal carcere, Demirtas ha promesso: "Continueremo la nostra lotta". Ma l'Hdp, terza forza in Parlamento con 59 deputati, ne esce decimato. Human Rights Watch ha sottolineato la violazione del "diritto di rappresentanza politica e di partecipazione di milioni di elettori".A permettere i blitz è stata la controversa legge che a maggio ha rimosso l'immunità dei deputati sotto inchiesta, approvata da Erdogan con i voti dell'opposizione nazionalista e quelli, decisivi, di alcuni socialdemocratici. Oggi il loro leader, Kemal Kilicdaroglu, ha condannato gli arresti, ma il suo partito, che dovrebbe fare da argine a Erdogan, appare spaccato.
Ora dopo ora, la tensione con l'Europa si è fatta sempre più forte. Per l'Alto rappresentante Federica Mogherini, l'arresto dei deputati curdi "compromette la democrazia parlamentare in Turchia e rende ancora più tesa la situazione nel sud est del Paese". Il presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz, ha parlato di "segnale spaventoso sulle condizioni del pluralismo politico" e ha avvisato che le ultime iniziative di Ankara "mettono in discussione la sostenibilità delle relazioni tra Ue e Turchia". Allarme anche dal Consiglio d'Europa. "Preoccupato" si è detto pure il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sottolineando che "l'Italia chiede il rispetto dei diritti dell'opposizione parlamentare". Anche il premier Matteo Renzi ha espresso preoccupazione per il possibile uso politico della legislazione sull'immunità parlamentare. Diversi Paesi, dalla Germania a quelli scandinavi, hanno convocato i rappresentanti diplomatici di Ankara. E ad allentare la tensione, non è bastato un colloquio telefonico tra Mogherini e il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu. Se sono coinvolti in attività di "terrorismo", ha tirato dritto il premier Binali Yildirim, i curdi devono "pagarne il prezzo".
Bloccati accessi ai social media. Leader partito curdo portato in tribunale
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