I giornalisti cambogiani sono vittime
di pressioni, interferenze e controlli nel loro lavoro e ciò
costituisce una minaccia per la democrazia nel Paese. E' quanto
ha rilevato l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite
per i diritti umani che ha denunciato le crescenti restrizioni
allo spazio civico e alla libertà di stampa in Cambogia.
Un'indagine realizzata dall'Ufficio dell'Onu attraverso
interviste a 75 giornalisti cambogiani ha evidenziato che tutti
hanno subito una qualche forma di interferenza nel corso del
loro lavoro e l'80% degli intervistati ha affermato di essere
stato vittima di sorveglianza e di restrizioni sproporzionate o
non necessarie, in particolare per quanto riguarda l'accesso
alle informazioni.
Nel Paese diverse leggi conferiscono alle autorità il potere
di censurare i media e di mettere sotto sorveglianza i
giornalisti. Inoltre, i provvedimenti assunti in tempo di
pandemia, riferisce l'Onu, hanno ampliato la capacità del
governo di limitare il lavoro dei media e la libertà di
espressione. Attualmente ci sono 23 procedimenti in atto contro
i giornalisti accusati di disinformazione, diffamazione o
istigazione.
"Media liberi, indipendenti e pluralistici svolgono un ruolo
centrale in ogni società democratica. Quando sosteniamo la
libertà dei media, sosteniamo la giustizia, il buon governo e i
diritti umani", ha affermato l'Alto Commissario per i diritti
umani Michelle Bachelet. "Esorto le autorità a seguire le nostre
raccomandazioni per garantire che i media possano svolgere il
loro lavoro vitale in modo equo e trasparente, a beneficio di
tutti i cambogiani", ha insistito.
Già lo scorso gennaio l'Onu aveva puntato il dito contro le
violazioni dei diritti umani in Cambogia in occasione
dell'arresto e della detenzione di 29 leader sindacali e
attivisti durante uno sciopero iniziato a Capodanno.
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