La giustizia britannica ha negato
oggi l'ammissibilità di un ulteriore appello presentato dal
principe ribelle Harry contro il rifiuto del governo di
continuare a garantire a lui e alla sua famiglia una scorta di
polizia automatica durante i soggiorni nel Regno Unito. La
decisione si accompagna alla conferma di un verdetto del
febbraio scorso contro il suo iniziale ricorso, nell'ambito di
un procedimento legale in corso da mesi, e all'ordine di
pagamento delle spese legali nei confronti del secondogenito di
re Carlo III e della defunta lady Diana.
Il no alla scorta era stato fissato dal ministero
dell'Interno in seguito all'abbandono del suo ruolo di membro
senior "attivo" della famiglia reale imposto dopo il traumatico
strappo del 2020 e il trasferimento con la consorte Meghan negli
Usa. Mentre un verdetto parallelo aveva già negato a Harry anche
la possibilità di pagare di tasca propria la polizia per
garantirsi "la sicurezza familiare" in patria, respingendo
l'idea che egli potesse avere diritto allo stesso livello di
tutela pubblica dovutogli fino al 2020, salvo eventuali
situazioni specifiche da valutare di volta in volta da parte
delle autorità.
Harry aveva provato a convincere il giudice a riaprire il
caso di fronte alla Corte d'Appello di Londra in una
dichiarazione scritta letta dai suoi avvocati: "Il Regno unito -
vi si legge - è casa mia ed è cruciale come parte del retaggio
dei miei figli; ma non è possibile (frequentarlo) se non ne
viene garantita la loro sicurezza. Io non posso mettere neppure
mia moglie in pericolo e, date le mie esperienze di vita, sono
riluttante anche a mettere me stesso a rischio senza necessità".
Il duca di Sussex nei suoi più recenti viaggi nel Regno
(inclusa la visita lampo fatta a suo padre, poche ore dopo
essere stato informato del cancro diagnosticato al 75enne re
Carlo, e in attesa di un nuovo passaggio a maggio per gli
Invictus Games) si è fatto proteggere privatamente.
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