Sono 120 le donne uccise in Italia nel 2023, in 98 casi (80%) l'omicidio si è consumato in ambito affettivo-familiare. Centosette delle donne ammazzate conoscevano il loro assassino (89%), in 64 casi (53%) la mano armata era quella del partner o dell'ex partner. Dodici donne sono morte in una strage di famiglia (10%), quelle uccise da sconosciuti sono state 16 (13%), per due omicidi non ci sono ipotesi di sorta.
Analizzando gli omicidi commessi nel 2023 rispetto a quelli avvenuti l’anno precedente – secondo quanto emerge dal rapporto del servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale - si nota un aumento nell’andamento generale dei delitti, che da 325 passano a 330 (+2%), mentre il numero delle vittime di genere femminile si riduce, passando da 128 a 120 (-6%).
Focalizzandosi sui delitti commessi in ambito familiare/affettivo si registra un aumento degli omicidi da 144 a 146, con una diminuzione però del numero delle vittime di genere femminile, che da 104 scende a 97. Rispetto al 2022 risulta invariato il numero di omicidi commessi dal partner o ex partner (69 casi), mentre si registra un aumento delle vittime donne, che da 61 salgono a 64 (+5%).
A questi dati vanno però aggiunte le persone uccise dal femminicida o dallo stalker perché erano assieme alla vittima designata o per far soffrire quest'ultima. Nel 2023 sono state 12, quattro donne e otto uomini.
Senza dubbio è la casa il luogo più pericoloso per le donne. Lo scorso anno ne sono state uccise a casa 98 (l'82% del totale). Per quanto riguarda le modalità degli omicidi 45 donne sono state uccise con un coltello (37%), 30 con un'arma da fuoco (25%), 27 a mani nude (22%) e 18 in altre maniere.
Quindici delle vittime di genere femminili erano gravemente malate (12,5%). In quasi un terzo dei casi (32%) l'assassino ha tentato di togliersi la vita dopo aver consumato il delitto, riuscendoci 32 volte (27%), fallendo 7 volte (6%).
Non rientra nei numeri ufficiali neanche il suicidio di una trentatreenne che si è tolta la vita il 28 giugno perché l'ex compagno, condannato in primo grado e in appello a 11 anni per violenze nei suoi confronti, aveva intanto avuto i domiciliari e la donna temeva che potesse nuovamente mettere in pratica le minacce che più volte le aveva rivolto.
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