Tutto comincia nel 14 giugno del 2009: Asia Bibi, una cristiana madre di cinque figli, operaia agricola, ha un diverbio con le colleghe musulmane per un bicchiere d’acqua. La lite degenera e viene accusata dalle altre operaie di avere insultato Maometto. Per questo viene arrestata e, anche se non c’è contro di lei nessuna prova, portata nel carcere di Sheikhupura.
L’11 novembre del 2010 viene condannata a morte con l’accusa di blasfemia. La famiglia ricorre all’Alta Corte di Lahore. Il 22 giugno 2015 anche la sentenza in appello conferma la condanna a morte.
Il caso suscita proteste da parte di gruppi cristiani e di organizzazioni per la difesa dei diritti umani e porta molti pakistani a chiedere di cancellare o rivedere la legislazione nazionale sulla blasfemia. Tra questi il governatore del Punjab, Salmaaan Taseer, che si reca a trovare Asia Bibi in carcere e che proprio per il suo impegno nella revisione delle norme sulla blasfemia viene ucciso il 4 gennaio 2011. Come Salmone Taseer, due mesi dopo, anche il ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhattti, che era ripetutamente intervenuto sul caso di Asia Bibi, viene assassinato da estremisti islamici.
Il caso della cristiana finisce alla Corte Suprema e il 31 ottobre 2018 Asia Bibi viene assolta. Può lasciare la prigione ma non il Paese a causa delle minacce degli estremisti. Secondo fonti del governo e della Chiesa in Pakistan, Asia Bibi è ancora nel suo Paese, nascosta in una località segreta, in attesa di poter raggiungere l resto della sua famiglia che è già emigrata in Canada.
Decisivo è stato il lavoro del suo avvocato, Saif Ul Malook, musulmano, che a causa di ciò oggi è minacciato anche lui, vive sotto scorta e ha visto stravolgere la sua vita. Ma “lo rifarei”, ha detto ai nostri microfoni in un incontro a Lahore, città nel Nord del Paese.
Ecco la sua testimonianza.
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