"Queste differenze nella speranza di
vita in base al reddito - sottolinea l'Istituto - si scontrano
con l'utilizzo di un coefficiente di trasformazione unico per
il calcolo della pensione che risulta fortemente penalizzante
per i soggetti meno abbienti il cui montante contributivo viene
trasformato in una pensione più bassa di quella che otterrebbero
se si tenesse conto
della loro effettiva speranza di vita. Viceversa, i più abbienti
ottengono pensioni più elevate di quelle che risulterebbero da
tassi che tengono conto della effettiva durata media della loro
vita".
"Le differenze tra primo e ultimo quintile - si legge -
sono significative e maggiori per i maschi rispetto alle
femmine. È interessante notare come nel divario tra primo e
ultimo quintile non vi siano grandi differenze tra gestioni per
cui il divario
è di 2,6-2,7 anni per i maschi, qualunque sia la gestione, e di
1,7-1,8 anni per le femmine, così come nell'ambito di ciascun
quintile restano le differenze tra gestioni. Ne consegue quindi
che un pensionato Inpdai del quintile più alto ha una speranza
di vita di quasi cinque anni superiore a quella di un
pensionato Fpld del primo quintile, differenza di cui non si
tiene conto nella determinazione della prestazione
pensionistica".
Anche a livello territoriale, le differenze nella speranza
di vita sono significative. Per i maschi, la longevità attesa è
massima nelle Marche e nell'Umbria (18,3 anni), per le femmine
nel Trentino-Alto Adige (21,6 anni). Per entrambi, è minima in
Campania (17 anni gli uomini, 19,6 le donne) e Sicilia (17,1 e
19,7 rispettivamente).
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