In una fase storica dove l'utilizzo
del contante è diminuito dell'11% dal 2016 al 2019 nelle
transazioni fisiche e dove il commercio digitale è cresciuto
esponenzialmente, serve una risposta della Banca Centrale
Europea per ritrovare la fiducia dei cittadini. A dirlo Piero
Cipollone, Vice direttore generale della Banca d'Italia, che
vede nell'euro digitale la possibile risposta.
"Perché emettere un euro digitale che non è privo di rischi?
Perché rappresenterebbe un efficace strumento di contrasto alla
diffusione delle criptovalute che sono invece schemi di
pagamento privati. La diminuzione dell'uso del contante porta
dei problemi con sé. Se non esistesse la moneta pubblica, il
contante, i possessori di moneta privata, cioè le criptovalute,
sarebbero costantemente legati alle fluttuazioni e alle
speculazioni" ha dichiarato Piero Cipollone al convegno "La
digitalizzazione degli strumenti finanziari: opportunità e
rischi" che si è tenuto nella sede di Milano della Banca
d'Italia, in collaborazione con l'Associazione Nazionale per lo
Studio dei Problemi del Credito.
"La crescita delle tecnologie private, con l'aumento
dell'utilizzo delle valute digitali in mano a imprese e
multinazionali private, mette a rischio il valore delle monete
nazionali. Di fronte a queste trasformazioni la Banca centrale
deve fornire ai cittadini un sistema di pagamento nel mondo
digitale che rappresenti quello che nel mondo fisico è il
contante. Mantenere la sovranità monetaria, anche per tutelare
il risparmio dei cittadini, passa da un'evoluzione digitale da
parte della Banca centrale", ha continuato il Vice direttore
generale della Banca d'Italia.
"Per evitare, però, che le monete digitali messe sul mercato
dalle Banche Centrali diventino un mezzo di speculazione, come
oggi avviene per molti virtual asset, si sta valutando di
prevedere limiti sulla quantità di euro digitale che un utente
possa possedere o gestire, per evitare che diventi uno strumento
di investimento, ma resti un mezzo di pagamento".
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