Evitare sovraffollamenti ma senza danneggiare il turismo: anche su questo equilibrio si gioca la revisione della tassa di soggiorno che sarà a settembre al centro di un confronto tra governo e Comuni. Gli ultimi dati, elaborati in un report del Centro Studi Enti Locali, mettono in risalto le contraddizioni della tassa, che viene applicata solo da un comune su cinque di quelli che potrebbero farlo: 1.268 comuni su 5.730.
A fare cassa sono soprattutto le grandi città turistiche, come Roma, Firenze e Milano. Ma - se si guarda agli abitanti - la classifica cambia e a guadagnare il podio più alto è Corvara di Badia in Trentino Alto Adige. I dati arrivano proprio mentre il 'cantiere' sulla Tassa di Soggiorno è aperto. Dopo i tanti esempi di over tourism di questa estate, il ministero del Turismo ha deciso di accelerare la riforma dell'imposta. L'ultima bozza di decreto circolata parla della possibilità di un aumento per raggiungere, negli alberghi extralusso da oltre 750 euro a notte, anche i 25 euro al giorno. Per i pernottamenti inferiori ai 100 euro la tassa potrebbe invece arrivare massimo a 5 euro.
Spendendo tra i 100 e i 400 euro l'imposta verrebbe invece a costare fino a 10 euro e se si paga la notte tra i 400 e 750 euro, massimo 15 euro. La nuova imposta potrebbe essere estesa anche ad un numero più ampio di città, cioè a tutte quelle che vorranno applicarla. Ad oggi invece la possono riscuotere solo i capoluoghi, le unioni di comuni e i comuni turistici. Ciò significa che, con la riforma, la platea delle città che la richiedono ai loro visitatori potrebbe allargarsi da 5.730 a 7.902 unità. Ma non è detto che questo ampliamento possa effettivamente portare più comuni a introdurre la tassa di soggiorno. Far pagare i turisti non è una scelta che le località prendono a cuor leggero, anche per paura che questo si traduca in un deterrente per i visitatori. E' quello che emerge dalla statistica del Centro studi enti locali: solo il 22% dei comuni 'turistici' ha di fatto richiesto il tributo lo scorso anno.
Un numero basso, ma comunque in aumento: nel 2019 erano 1.003 e in cinque anni sono diventati 1.268. Un'altra novità potrebbe riguardare la destinazione degli incassi, che ora vengono utilizzati per finanziare interventi nel settore del turismo ma che, con la riforma, potrebbero essere dirottati anche sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Un problema che, soprattutto in grandi città come Roma, è legato anche ai flussi turistici ma pesa sui costi di gestione pagati soltanto dai cittadini. L'idea, come si può intuire, non piace affatto agli operatori del settore turistico, già ostili a un'imposta che, pesando sulle tasche dei loro ospiti, li scontenta. Per la tassa di soggiorno si parla, tra l'altro, di cifre importanti: le entrate che ne derivano crescono di anno in anno e nel 2023 hanno raggiunto quasi 775 milioni di euro, secondo i dati riportati dal Centro studi enti locali. I prelievi maggiori in cifre assolute sono quelli delle città, Roma sopra a tutte, e poi Firenze e Milano.
Ma in termini pro capite il comune che si è arricchito di più grazie all'imposta è quello di Corvara di Badia, in Trentino Alto Adige. Qui le tante strutture turistiche e i pochi residenti hanno dato come risultato un prelievo per abitante pari a 1.448 euro, contro una media nazionale di 26. I comuni del Trentino Alto Adige, del resto, popolano fittamente la classifica delle dieci città dove l'imposta di soggiorno genera più gettito pro capite. Oltre a Corvara si trovano anche Selva di Val Gardena, Avelengo, Tirolo, Sesto, Scena e Badia. Fanno eccezione solo Limone Sul Garda, in provincia di Brescia, al secondo posto con 1.404 euro riscossi per ogni abitante, il comune piemontese di Sestriere (648 euro) e soprattutto Positano, l'unica località meridionale nella classifica, al nono posto con 614 euro. Ma a fronte di chi incassa tanto c'è invece qualcun altro che dall'imposta di soggiorno non guadagna nulla, o quasi. In Molise, dei 56 comuni che avrebbero potuto istituire il prelievo, nessuno ha voluto introdurlo nel quinquennio 2019-2023. La regione è stata l'unica "tourist tax free", almeno fino al 2024, quando Campobasso ha cominciato a chiedere una tassa di soggiorno di un euro, la più conveniente di tutti i capoluoghi di regione.
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