Sì ad una soluzione, ma senza ulteriori vincoli e regole troppo stringenti. Che rischiano peraltro di tradursi in un ostacolo alla crescita. A pochi giorni dall'Eurogruppo cui seguirà una cena informale con i ministri chiamati a tentare l'accordo in extremis sul nuovo Patto Ue, Giancarlo Giorgetti traccia la linea rossa della posizione italiana. E facendo appello al realismo mette sul tavolo le condizioni italiane, respingendo regole "impossibili".
"Non possiamo accettare tutto quello che viene proposto", dice il ministro in audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato difendendo la "ragionevolezza" della posizione italiana: "non è che siamo andati lì come i matti" e non ci si può chiedere di andare "contro l'interesse" dell'Italia e secondo noi anche "anche dell'Europa".
"Su deficit e debito la risposta è la serietà": quindi possiamo anche accedere a regole "sfidanti", ma su regole "impossibili da mantenere non credo per serietà si possa dire di sì". Ridurre l'elevato debito pubblico e i disavanzi eccessivi, del resto, è "un obiettivo del governo", ribadisce il ministro: ma l'Italia intende farlo "in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti". In questo quadro, dunque, le regole fiscali e di bilancio devono essere "non il fine ma il mezzo", avverte Giorgetti. Le esigenze di consolidamento, inoltre, dovrebbero essere finalizzate a "favorire una crescita sostenibile e duratura dell'economia: ma "vincoli eccessivi e regole troppo stringenti", avverte, potrebbero ostacolarla.
La situazione è "complessa" e restano ancora "diversi aspetti" da definire. Ad alcuni Paesi tra cui l'Italia è chiesto "un aggiustamento di bilancio molto sfidante", spiega il ministro, che a Bruxelles porterà una posizione negoziale di "disponibilità" all'introduzione di salvaguardie sul debito e sul deficit, ma "solo a condizione che non siano troppo stringenti e non prevalgano di fatto sulla regola di spesa". C'è poi una condizione "imprescindibile" posta dall'Italia, che - rivendica Giorgetti - ha ottenuto il risultato dello scorporo delle spese della difesa: dare "sufficiente spazio agli investimenti per la transizione" green e digitale e, nel primo ciclo di applicazione delle nuove regole, consentire ai Paesi come il nostro che hanno concordato Pnrr "ambiziosi" di poter accedere all'estensione del periodo di aggiustamento da 4 "a 7 anni". Il nostro Paese si trova anche a dover fare i conti con il fardello del Superbonus: Giorgetti non manca di ricordarlo e lo tira in ballo facendo riferimento alla regola del taglio annuo del debito dell'1% del Pil per i paesi più indebitati. Questa riduzione "si sarebbe verificata già l'anno prossimo se non ci fosse l'eredità del Superbonus", spiega: questa regola "non fa paura all'Italia", ma - osserva - "deve iniziare quando gli effetti del Superbonus si saranno esauriti".
Al Patto si intreccia infine il nodo del Mes, su cui Giorgetti si smarca. "Noi non abbiamo mai ricattato nessuno", afferma rinviando la palla alle Camere: sarà il Parlamento a dire se sia da approvare o meno. Le parole di Giorgetti agitano le opposizioni. L'audizione conferma le nostre preoccupazioni", dice Filippo Scerra del M5s: "da quello che dice comunque vada sarà un insuccesso". Mentre nella Lega, partito del ministro, c'è chi propone a Giorgetti toni meno cauti: ricordi "ai colleghi tedeschi cosa sarebbe successo se non avessero fatto i loro fondi fuori bilancio", dice Claudio Borghi. "Cose strane", commenta Luigi Marattin di Iv: mentre il ministro "responsabilmente si dichiara disposto ad un accordo con i 'rigoristi'", osserva, nel suo stesso partito "ripropongono la peggior retorica sovranista e No-euro".
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