Si preannunciava come un vero
e proprio evento e così è stato. La prima volta di Fiorella
Mannoia a Buenos Aires ha lasciato il segno con un concerto che
resterà nella memoria della nutrita comunità italiana della
capitale argentina.
L'interprete e cantautrice emblema della tradizione musicale
italiana non ha deluso le attese e, accompagnata sul palco
dell'italianissimo Teatro Coliseo da una formazione ridotta
della sua band con un piano e due chitarre acustiche, ha
presentato per l'occasione un repertorio che ha spaziato "tra le
canzoni che hanno formato la nostra storia, la nostra
generazione". Così lo aveva descritto lei stessa in una breve
intervista con ANSA a pochi minuti dall'inizio del tradizionale
concerto organizzato dal Consolato generale d'Italia per la
celebrazione della Festa della Repubblica: "Sono le canzoni che
hanno accompagnato la mia vita. A maggior ragione perché vengo
in un altro paese ci tengo che un altro paese ascolti le canzoni
che hanno formato la nostra storia, la nostra generazione", ha
detto.
E così è stato, con una "scaletta" che oltre ai suoi successi
più conosciuti (come "Quello che le donne non dicono" e "Come si
cambia") e i brani più recenti (come "Combattente"), ha spaziato
da Lucio Dalla ("Cara") a Vasco Rossi ("Sally") , passando per
un omaggio alla musica latinoamericana, con "Bésame Mucho",
"Quizas" e la sua ormai classica versione di "Que serà" di Chico
Buarque.
Nel paese dove è nato il movimento del "Non una di meno" (Ni
una menos) Mannoia non ha rinunciato inoltre a fare un accenno
alla questione della violenza di genere al finale di "Quello che
le donne non dicono". Qui, al "ti diremo ancora un altro sì"
dell'ultima strofa si è aggiunto un "oppure un forse" e, ha
aggiunto la cantante, "nel caso fosse un no, allora quando
diciamo no è no". Una presa di posizione che ha ricevuto il
pieno sostegno del pubblico con un lungo applauso.
Il concerto si è concluso con una serie di bis memorabili, e tra
questi il brano con cui Mannoia raggiunse la celebrità a Sanremo
del 1981, quel "Caffe nero bollente" che oggi definisce come
"una vecchia foto della gioventù a cui guardiamo con tenerezza".
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