'E' nato il nuovo Liszt'', si racconta abbia esclamato il grande pianista Alfred Cortot nel 1939, dopo aver sentito suonare Arturo Benedetti Michelangeli diciannovenne e ottenere la vittoria al prestigioso concorso pianistico di Ginevra. E' un po' in queste poche parole tutta la persona e il modo d'essere e la dedizione totale per la musica, grazie a un dono eccezionale, di questo pianista leggendario per la sua perenne e assoluta ricerca della perfezione, di cui cadono quest'anno i 100 anni dalla nascita (5 gennaio 1920) e i 25 dalla morte, a giugno del 1995.
''L'ultimo dei romantici'' lo definisce Roberto Cotroneo nel sottotitolo del suo libro appena uscito, un godibilissimo saggio grazie a un racconto, a un intreccio che unisce spiegazioni di tecniche musicali a fatti storici, ma anche curiosità e aneddoti, intitolato ''Il demone della perfezione - Arturo Benedetti Michelangeli'' (Neri Pozza, pp. 150 - 16,00 euro) perché, spiega, ''ABM era fondamentalmente un uomo dell'Ottocento e legato a un mondo lontanissimo se da bambino aveva avuto come insegnate Paolo Chimeri, il quale era stato chiamato a eseguire un concerto per i reduci della II Guerra d'Indipendenza. E fu sempre legato alla monarchia, amava aristocratici, principi e principesse, era un cattolico tradizionalista anche se poi amico di Giovanni XXIII e di Paolo VI. Ricordandoci comunque che sino agli anni '30 del Novecento anche le grandi esecuzioni non si contraddistinguevano per il rigore. Dopo di lui, col suo essere invece rigorosissimo e avere un tocco di eccezionale nitore, nessuno potrà più suonare come prima''. Per capire, dobbiamo ricordarci che si parte da una pagina di musica scritta, quindi interpretabile come ogni testo, ma con i suoi precisi legati, note e indicazioni di velocità. ''La sua perfezione ha quindi un elemento fondamentale nella ricerca di fedeltà filologica secondo i principi più scientifici novecenteschi - prosegue Cotroneo -. Inoltre gli strumenti e gli organici orchestrali di un tempo sono cambiati, i pianoforti hanno acquistato una maggiore potenza e lucidità. Ma poi, a fare la differenza è il talento, la precisione, la nitidezza del suono, del tocco di ABM. Se ascoltiamo la prima Ballata di Chopin op. n. 23 nelle tante interpretazioni di grandissimi esecutori e nella sua, chiunque si accorge che non c'è paragone''. Ed è questo che fa di ABM un personaggio e una figura unica.
Certo, un artista di questo tipo, che passa ore al pianoforte sin da bambino piccolissimo e viene lodato sin da quando ha sei anni e tiene le prime esibizioni pubbliche, non è una persona facile, ha i suoi difetti e le sue idiosincrasie, oltre a scontrarsi spesso con tutti proprio per la sua ricerca maniacale di perfezione. ''Una volta fece impazzire il suo accordatore storico di fiducia della Steinway, Angelo Fabbrini, continuando a sostenere che il Si bemolle non andava bene, mentre a tutti i controlli pareva a posto. Solo alla fine, con la misurazione del suono con apparecchi molto sofisticati, si verificò che ABM aveva ragione. Aveva evidentemente dalla sua un orecchio unico, eccezionalmente sensibile'', spiega sempre Cotroneo, che lo paragona a Carmelo Bene, sottolineando come questi facesse però teatro con le sue stranezze e bizze, mentre ABM non aveva mai reazioni non sincere, vere, pur restando imprevedibile e spiazzante se c'era qualcosa che gli sembrava non fosse come voleva e come doveva essere. Come quella volta a Vienna nel 1979, quando rifiuta di sedere al piano e provare, perché l'umidità degli addobbi floreali in sala modificava il feltro dei martelletti del suo Steinway che l'avrebbero assorbita. E se sentiva che il piano non era a punto, lo prendeva violentemente a male parole. Assolutismo e perfezione appunto, sempre motivate, non pure nevrosi come un Keith Jarrett che si ferma e non suona se vede una lucina in sala.
Una vita non facile insomma per ABM, che gli procura dai suoi detrattori accuse di egoismo, intrattabilità e persino di noia relativamente alle sue esecuzioni. Il fatto è, per Cotroneo, che era una figura ''ieratica'' che probabilmente ''fuggì da tutto, persino forse da se stesso'' e ''il suo dolore era visibile, si respirava'', tanto che uno come Giulini disse: ''Non una volta ho visto un sorriso illuminare il suo volto, ma ancor peggio, nell'oscurità del suo viso, si vede quanto abbia sofferto''. In tutto questo al suo amministratore chiedeva si metter da parte solo il necessario e di dare tutto il resto in beneficenza, continuando a pagare tutta vita penali per i tanti concerti disdetti o vivendo il pignoramento di beni per il fallimento della Bdm, una casa discografica che non riusciva a produrre dischi perfetti come avrebbe voluto, preoccupato sempre per la musica registrata che detestava, certo che dal vivo fosse tutt'altra cosa. Insomma, comunque, una vita piena e ricchissima di fatti curiosi o meno che rischiano di rendere il personaggio e l'artista solo aneddotico, mentre non bisogna dimenticarne la grandezza e la trasparenza poetica che si rivela ascoltando le sue esecuzioni (solo registrate oramai), frutto di quel ''perfezionismo di una qualità che atterriva, perché era una versione drammatica e silenziosa della famosa Ricerca dell'Assoluto''.
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