Sono otto gli abiti di lino e
tweed, ispirati alle tute dei lavoratori dei primi del
Novecento, realizzati con tessuti artigianali africani e
rappresentativi della tendenza gender fluid, che sfilano sulle
passerelle di Altaroma per la Maiani Accademia Moda. Una capsule
che utilizza materiali naturali dai toni black-white, con
sfumature di grigio e marrone, ravvivati dalle righe colorate
dei tessuti in cotonado africani. In primo piano un tessuto
prezioso, il Faso Danfani, un cotone grezzo a righe multicolori,
caratterizzato da una grossa trama dai toni sgargianti, ottenuti
con pigmenti e tinture naturali, in cromie vivaci dall'arancio
al verde pistacchio, ai colori bruciati del deserto, lavorato a
mano su telai in legno dalle donne della Tribù Mossi della
regione centrale del Burkina Faso. Tradizioni legate
all'artigianato secolare del continente africano che divengono
elemento di una moda futuristica ed ecologica.
Corpetti in pelle usata, magliette e camicie dolcevita a
rete, guardano a una moda green a difesa dell'ambiente e del
pianeta. Nessuno spreco è più concesso. Fibre biologiche e
materiali eco-sostenibili, vecchi capi riciclati diventano il
mezzo per crearne di nuovi. Ed ecco divise sportive dismesse,
vecchi giubbotti jeans, in pelle, giacche maschili e lenzuola
della nonna trasformarsi in abiti da sposa, guepière, gonne
costruite da tante piccole fasce multicolor in movimento,
giacche over indossate su asimmetrie sfrangiate, abbellite da
accessori lavorati ad uncinetto. Le camicie, riadattate, sono la
base di piccoli bustier, portati con corti calzoncini colorati.
Natura e progresso, passato e futuro, semi e cavi elettrici. Da
segnalare i corpetti a punta abbinati a gonne sovrapposte dagli
effetti geometrici, ispirate alla lavorazione Kintsugi, l'antica
arte giapponese che ripara le ceramiche rotte con la colatura
d'oro. Vestiti floreali di epoche lontane, impreziositi da
impunture circolari imbottite, acquistano un sapore
fumettistico, mentre sfilano in immaginari giardini zen.
Simbiosi di mare e terra nei vecchi costumi tradizionali della
città di Formia nel basso Lazio, ripensati con i colori vivaci
dei tessuti di cotonado africani.
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