GIANFELICE FACCHETTI, 'Capitani.
Miti, esempi, bandiere' (Piemme
Edizioni, pag. 224, euro 18,90).
Il calcio che segna epoche, che vive di autenticità e forti
passioni, che ricopre un ruolo sociale nell'Italia come nel
resto del mondo, un calcio che oggi sembra sempre più lontano.
Gianfelice Facchetti ripercorre storie e gesta dei grandi
capitani del passato, ma anche della storia recente, lo fa con
la sensibilità di chi è cresciuto "a pane e calcio" guardando e
assaporando la vera essenza del pallone e che oggi lo vede
"ridotto a feticcio, spogliato sempre più dei suoi ricordi
appesi ormai ad un filo a quasi tutte le latitudini".
E così ci si riconcilia pagina dopo pagina con la vera
natura di questo sport, il cui successo "è venuto da lontano,
figlio della povertà che i nuovi padroni del football non
conoscono" e a cui sperano di compensare con i "petroldollari".
Facchetti corre in aiuto di chi, come lui, si sente "smarrito".
E i suoi racconti sono un balsamo per i ricordi. Dal debutto del
cricket in Italia che ha segnato la strada al calcio, alle prime
fasce indossate sui campi da gioco. In Italia l'avvento della
fascia fu "in una stagione marchiata a lutto dopo la tragedia di
Superga". Era importante "identificare figure carismatiche e
riconoscibili" che dessero la spinta al "desiderio di
rinascita". Uomini forti, retti, esempi carismatici. La fascia
era un "distintivo". Facchetti conserva quella del padre,
Giacinto, indossata con la maglia Azzurra.
Sono tanti i campioni che hanno sentito la responsabilità di
quel ruolo. Da Armando Picchi "capitano dalla schiena dritta"
che conosceva l'importanza del "gesto compiuto di una frase
pronunciata ad un compagno". Ma anche Gianluca Signorini e "la
felicità bambina di un calciatore abbracciato alla propria
gente" nel 1994/1995 con la salvezza del Genoa all'ultima
giornata. C'è la dinastia Maldini fatta di primati mondiali ma
anche di addii gelidi, per Paolo, dopo la carriera da calciatore
e quella da dirigente. C'è l'amaro racconto di Virgilio Fossati
capitano dell'Inter e dell'Italia "che difese anche con la
baionetta". Morì nel 1916, nella Prima Guerra Mondiale, da
Capitano dell'Ottavo Reggimento Fanteria della Brigata di Cuneo.
Toccante il ricordo di Valentino Mazzola simbolo del Grande
Torino che trasferì la sua passione al figlio Sandro. Ereditò la
fascia dell'Inter da Picchi e diventò un gigante del calcio
sulle orme del padre.
E poi Scirea, Zanetti, Antognoni, Del Piero e Totti, bandiere e
idoli di tanti tifosi. Ma il primo fra tutti è Gigi Riva che
preferì la terra e la sua gente ai soldi e ai trofei. Immagine
di quella stagione "in cui gli idoli vivevano in mezzo ai
tifosi, li conoscevano, gli incontravano, parlavano con loro in
mezzo alla strada perchè conoscevano la stessa lingua". Quando
il calcio univa una Nazione e i capitani erano esempi e ideali.
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