(di Marzia Apice)
MARCO ONNEMBO, IL METRO DEL DOLORE
(Mondadori, pp. 200, 16.90 euro)
"Si dice che l'occhio umano sia capace di riconoscere
duecentocinquanta tonalità di grigio. Quelle che si colgono in
un confessionale, in un solo giorno, sono decisamente di più e
spesso tutto avviene in un'acuta solitudine. Che è solo il nome
del fardello che porta sulle spalle chi diventa prete. Finanche
un prete strano come me". È un appassionato e sincero flusso di
coscienza ad animare "Il metro del dolore", ultimo romanzo di
Marco Onnembo, in libreria con Mondadori dal 21 giugno.
Con un registro linguistico diretto, snello, ma molto
accurato, l'autore mette al centro il personaggio di don Carmine
Pastore, un prete politicamente scorretto che ha fatto di una
coraggiosa anomalia il suo carattere distintivo. Di lui, con un
racconto in prima persona, il romanzo ripercorre la vita, scelta
dopo scelta, tra cadute e conquiste. Ciò che colpisce del libro
è la capacità di Onnembo di delineare per il lettore un
personaggio complesso e non facile da decifrare, affascinante
proprio perché lontano da ogni stereotipo. "Un sacerdote è uno
che ha la voglia di scoprire l'umanità. Che ha la voglia di
osservare, conoscere e appartenere a quell'umanità. Diventare
compilatore di storie. Uniche. Diverse. Eppure uguali per
tutti", dice il protagonista. E, nel racconto della sua stessa
esistenza, don Carmine si svela per ciò che è: semplicemente un
uomo, che anche da prete ha conservato la volontà di fare
domande più che dare risposte.
Chiunque lo incontri a New York, lui che immigrato da giovane
negli Stati Uniti preserva dal tempo che passa le sue radici
senza farne una prigione, non può non essere irretito dalla sua
personalità: don Carmine fuma il sigaro, beve whiskey al pub
vicino la sua chiesa, ironizza su tutto e non condanna ciò che
molti altri preti condannerebbero. La sua volontà di comprendere
tutte le sfumature dell'animo umano, anche quelle più oscure -
"La verità è che nella vita reale i colori si fanno sfumati; il
nero è sempre più simile al grigio, il bianco non è mai candido
come appare", dice - gli permettono di guardare in faccia il
male senza paura, nella consapevolezza che esiste sempre un
motivo, basta trovarlo, e la fede in questa missione conoscitiva
può essere un aiuto. Fino a quando però anche quest'ultima non
si perde: ed è proprio ciò che accade a don Carmine, dopo un
terribile avvenimento in seguito al quale le domande diventano
accuse e l'abito sacerdotale troppo pesante.
Dopo aver inviato le sue dimissioni al vescovo, senza ormai
la fede a cui aggrapparsi né tantomeno alcuna certezza, il
sacerdote anticonformista si ritrova debole, senza orizzonti.
Ma, nel momento più buio, la speranza torna a fiorire,
squarciando l'oscurità: sarà solo dopo aver toccato il fondo che
le domande otterranno una risposta.
In pagine intense, Onnembo conduce il lettore non solo alla
scoperta di un personaggio difficile da dimenticare, soprattutto
per la sua schiettezza, ma anche a porsi domande che in fondo
attraversano l'esistenza di ognuno di noi. L'indagine
conoscitiva sull'uomo portata avanti dall'autore pur nella
finzione letteraria ambisce all'autenticità e spinge chi legge
all'immedesimazione, in un fluire di dubbi e riflessioni.
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