Una famiglia che oggi gli esperti
definirebbero 'disfunzionale', una vita ad accudire bambini non
suoi, una dote straordinaria quanto nascosta per la fotografia.
La vita di Vivian Maier è diventata leggenda dopo la scoperta
nel 2007 da parte di John Maloof, il figlio di un rigattiere di
Chicago, di migliaia di suoi rullini fotografici chiusi in
scatole di cartone accatastate in un box. Un archivio brulicante
di autenticità e umanità, il patrimonio di una fotografa
sconosciuta che in pochi anni sarebbe stata celebrata in tutto
il mondo. Ma mentre le sue opere diventavano sempre più
popolari, la sua biografia restava un segreto impenetrabile,
perché Vivian aveva sepolto il suo talento con la stessa cura e
riserbo con cui aveva protetto la sua vita.
Oggi un libro, ''Vita di Vivian Maier. La storia sconosciuta
di una donna libera'' di Ann Marks, edito da Utet, in libreria
dal 17 maggio, viene a raccontarci la storia di questa donna
fuggita da una famiglia difficile, fra illegittimità, abuso di
sostanze, violenza e malattia mentale. Il padre americano,
Charles Maier, nato da una famiglia di emigranti austriaca,
sposa la madre, Maria Jaussaud, nata in Francia a
Saint-Julien-en-Champsaur. I genitori di Vivian presto si
separano e anche i figli vengono divisi: il fratello crescerà
con i nonni paterni, lei con la madre che torna nel suo paese
d'origine. Dopo qualche anno però, nel 1938, madre e figlia
tornano in America e si stabiliscono a New York. Vivian trova
lavoro come bambinaia al servizio di una famiglia di
Southampton, prima di stabilirsi definitivamente nel 1956 a
Chicago, dove continuerà a fare la governante per bambini per
tutta la vita.
Le sue foto, esempi di raro talento, in grado di raccontare
le disparità e le ingiustizie degli Stati Uniti del boom
economico, le persone comuni, i bambini, la semplice vita
urbana, sono ormai conosciutissime e celebrate in numerose
mostre. La sua vita, invece, le sue vicende personali, erano
ancora oscure. Grazie ad una meticolosa ricerca investigativa
Ann Marks, manager in importanti aziende di New York, con una
passione per le ricerche genealogiche e il mistero, è riuscita
nell'impresa di ricostruirne il background familiare e la vita
solitaria di questa straordinaria donna grazie a documenti
personali e fonti di primissima mano. Nel volume, che trabocca
di foto (anche inedite), l'opera e la vita finalmente si
intrecciano in un'unica storia: il ritratto che emerge è quello
di una sopravvissuta, fiduciosa nel suo talento nonostante le
sfide della malattia mentale, una donna socialmente consapevole,
straordinariamente complessa e soprattutto libera.
Il libro si apre con il racconto di una gita fatta da Vivian
alla periferia di Los Angeles, il 17 luglio 1955, quando per la
prima volta apre i suoi cancelli Disneyland. Quasi trentamila
persone si riversarono nei viali mai calpestati prima, un fiume
in piena di bambini pronti a lasciarsi meravigliare. Lì, tra
famiglie, figuranti e pupazzi, c'è Vivian Maier, una tata di
origine francese da poco trasferitasi sulla West Coast in cerca
di un nuovo incarico. La donna girovaga da sola tra la folla con
una macchina fotografica in mano: dopo anni di scatti in bianco
e nero, ha deciso di passare al colore per immortalare gli
attori travestiti da nativi americani e i castelli di
cartapesta. Ma conclusa la gita, quelle foto non verranno viste
da nessuno, come le altre decine di migliaia di immagini che
Vivian scatterà e terrà nascoste agli occhi del mondo per
decenni.
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