AMY ERDMAN FARRELL, FAT SHAME. LO
STIGMA DEL CORPO GRASSO (Edizioni Tlon, pp.368, 16 euro). Il
corpo, soprattutto quello femminile, come spazio di lotta, come
pretesto per esercitare violenza psicologica e discriminazione,
ma anche come strumento per rivendicare la legittimità di
opporsi ai canoni comuni di bellezza. Affronta le radici
dell'attualissimo e dibattuto fenomeno del body shaming il libro
scritto da Amy Erdmann Farrell dal titolo "Fat Shame: lo stigma
del corpo grasso", edito da Tlon (in libreria dal 4 novembre).
Con la prefazione e l'immagine di copertina a cura di Belle di
Faccia, progetto femminista e associazione italiana per la Fat
Acceptance e la Body Positivity, il volume inizia dall'analisi
del peso come elemento fondamentale da cui partire per una
riflessione compiuta su un fenomeno che riguarda ogni ceto
sociale. In particolare, l'autrice esplora i significati che può
assumere l'essere sovrappeso nella cultura occidentale e come si
esprime il pregiudizio contro le persone grasse, in modo a volte
più brutale e diretto o più sottile e sfuggente, ma sempre con
la conseguenza di creare gerarchie sociali, intrecciandosi con
la discriminazione razziale, di classe e di genere. Il libro
offre un contributo per riflettere ma anche per provare a
contrastare questo problema sociale con forme di resistenza
possibili, per accettare chi siamo, liberare i nostri corpi e
dire no all'idea di un corpo giusto e "civile" a cui solo è
riconosciuto un pieno diritto di cittadinanza.
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