MANTOVA, 12 SET 2015 - Ogni paese e ognuno di noi ha un "gigante sepolto". Kazuo Ishiguro, l'autore di 'Quel che resta del giorno', torna nel suo nuovo attesissimo romanzo a parlarci di memoria e oblio e del loro difficile rapporto, ma per la prima volta lo fa riferendosi a una sfera collettiva che non esclude quella personale, in una storia immersa in una dimensione fantastica dove troviamo Re Artù, Beowulf, Tolkien.
'Il gigante sepolto' (Einaudi) "non muore mai, incombe.
Corrisponde a ricordi oscuri del passato. A qualcosa che non è stato affrontato, che si è deciso fosse meglio dimenticare, far finta di niente. Però lui è un gigante, una cosa enorme che potrebbe venire fuori in qualsiasi momento" dice all'ANSA Ishiguro che ha l'eleganza della cultura nipponica benché si sia trasferito quando aveva sei anni con la famiglia in Inghilterra.
"Ogni nazione - spiega - ha il suo gigante, ma si trova anche nelle famiglie, tra moglie e marito. Ci sono legami importanti che nascondono o si basano su questo gigante sepolto". E questo romanzo è anche una storia d'amore che pone domande cruciali: "Possiamo continuare a vivere facendo finta di nulla, e per quanto? Magari un gigante sepolto può portare alla distruzione di un rapporto, ma che tipo di amore è un amore che si basa sul far finta di nulla, non tenendo conto di qualcosa che è un gigante? Queste sono le domande che affrontano i miei personaggi" racconta lo scrittore, vincitore del Man Booker Prize per 'Quel che resta del giorno', diventato un film di James Ivory.
E' quello che accade a Beatrice e Axl, una coppia di anziani in viaggio tra draghi, giganti, folletti nella Britannia del VI secolo, alcuni anni dopo la morte di Re Artù, per trovare il figlio lontano che non sanno più se esista veramente. "E' chiaro, si capisce che qualcosa non quadra, che è successo qualcosa di brutto che riguarda il figlio. Ma è meglio ricordare o dimenticare?" sottolinea lo scrittore, 61 anni, protagonista di uno degli eventi di punta del Festivaletteratura di Mantova.
Quindici anni ci sono voluti per scrivere 'Il gigante sepolto' e, racconta lo scrittore, "non sapevo quale sarebbe stata l'ambientazione. All'inizio ho pensato che dovesse essere nel presente, in particolare in Bosnia o in Ruanda negli anni '90, perché erano in situazioni che assomigliano a quello che è l'effetto dell'utilizzo politico della memoria collettiva usata per creare dell'odio. Ma l'approccio mi sembrava troppo giornalistico". Così ha scelto, con questa dimensione fantastica, "un approccio spiega - più universale per proporre dei fenomeni che si ripetono nell'arco della storia, che si possono agganciare a qualsiasi luogo e tempo, la seconda guerra mondiale, la questione razziale in Usa". E anche se il problema dei migranti non era ancora scoppiato quando Ishiguro stava lavorando al romanzo, è vero, dice lo scrittore, che "ci sono sempre stati rifugiati e fuggitivi e bisogna fare tutto il possibile per salvare le loro vite. In questo caso la Germania si è comportata in modo magnifico ed è una cosa strana. Non avrei mai pensato che un giorno avrei detto questo".
Appassionato di cinema, sceneggiatore oltre che scrittore, Ishiguro si sente più romanziere. "Cosa rende diverso un romanzo da una storia sul grande schermo? Che si rivolge più alla dimensione del pensiero mentre cinema e tv sono più indirizzati all'esterno. Io scrivo in modo interiore. Se c'è un rapporto tra me e il cinema è in negativo. E quando scrivo lo faccio in modo che non sembri per il cinema" racconta Ishiguro e annuncia che il produttore hollywoodiano Scott Rudin ha opzionato i diritti per la trasposizione cinematografica de 'Il gigante sepolto'. Ma "per fare un film ci vuole molto tempo. Chi lo sa? La cosa importante è che sia fatto bene".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA