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Luc Merenda, facendo il chierichetto scoprii il vino bianco

Luc Merenda, facendo il chierichetto scoprii il vino bianco

L'attore al centro del docu Pretendo l'inferno

ROMA, 18 marzo 2024, 14:04

di Francesco Gallo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

"La cosa che ho imparato facendo l'attore è che il 99,99% dei divi sono stronzi. Uno che fa l'attore diventa di successo se cambia il modo di camminare, di vestirsi, soprattutto il modo di utilizzare il suo cuore, insomma se diventa uno stronzo". Parola di Luc Merenda, l'attore francese di tanti poliziotteschi anni Settanta (Il poliziotto è marcio, Gli amici di Nick Hezard, La polizia accusa il servizio segreto uccide...) protagonista del docu-film Pretendo l'inferno di Eugenio Ercolani passato ieri a Bari. 

Classe 1943, ma nessuno lo direbbe, racconta all'Ansa con il ritmo di un ragazzo un pezzo della sua vita professionale, e non solo, e anche un po' della sua infanzia. "In collegio facevo il chierichetto e così ho scoperto il vino bianco. Alle nove ero già sbronzo fradicio, ma quanto facevano male quei dieci colpi che ti davano i preti con una striscia di cuoio. E sempre sulla stessa mano".
Il documentario è un viaggio attraverso i personaggi, i colori, le sonorità e le atmosfere che hanno contraddistinto l'industria cinematografica italiana negli anni Settanta-Ottanta. E questo attraverso il materiale d'archivio e tante voci. Nel racconto, Luc Merenda viene accompagnato da molte presenze del suo passato come Danilo Massi, Ottaviano Dell'Acqua, Massimo Vanni, Francesco Barilli, Ernesto Gastaldi, Steve Della Casa, Martine Brochard, Guido e Maurizio De Angelis, Luciano Michelini, Eugenio Alabiso, Sergio Martino, Neri Parenti ed Enzo G. Castellari.

Cosa pensa del fatto che i poliziotteschi fossero considerati film di destra? "Non sono mai stato di destra, piuttosto mi sento un taoista, un buddista. Quando facevo quei film non ho mai pensato fossero di destra, mi sembrava casomai un modo di rendere più famosi alcuni commissari che avevano uno stile particolare. Non vedevo tutto quello che c'era dietro. E pensare che avrei voluto fare tutti i film di Gian Maria Volontè come quello dedicato a Mattei (Il caso Mattei di Francesco Rosi), insomma ho fatto quello che potevo, dovevo pur vivere".

E poi cosa è successo? "Dopo averne fatti tanti mi sono stancato perché a furia di fare il poliziotto mi sono detto: tanto vale entrare davvero in polizia". Quali sono i suoi miti al cinema? "A parte Volontè, ho sempre amato molto Casavettes e Tognazzi perché per me è uno dei più bravi attori italiani capace di fare ogni ruolo possibile. Oltre Tognazzi la mia seconda passione italiana è sicuramente Paolo Villaggio, ho girato con lui Pompieri 2 ed era una vera delizia.

Sul set erano tutti in soggezione per la sua intelligenza, gli unici a non esserlo eravamo io e Lino Banfi. Un altro grande era Walter Chiari, aveva una spontaneità eccezionale e credo non abbia avuto il successo che meritava perché non faceva parte della solita cricca".

E ancora Luc Merenda: "Ho lasciato l'Italia triste come una madre che ha un figlio a Gaza. Ho fatto così delle cose in Francia tra cui un feuilleton in 26 puntate che ha sbancato l'auditel poi film con Samuel Fuller, ma la Francia non è più il mio paese. Sono diventato poi anche antiquario. Avevo dei negozi insieme a una socia ed ero specializzato in mobili cinesi e giapponesi". 

 

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