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Matt Dillon a Todi, 'mi manca lavorare con registi italiani'

Matt Dillon a Todi, 'mi manca lavorare con registi italiani'

L'attore cita Garrone e Sorrentino. Premiato a Umbria Cinema

PERUGIA, 23 luglio 2023, 11:22

di Danilo Nardone

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Avete lavoro per me?": ha così scherzato Matt Dillon, star della terza giornata di Umbria Cinema, a Todi, quando gli è stato chiesto come mai ancora non ha fatto qualcosa nel nostro Paese. "Quando mi domandano cosa manca alla mia carriera - ha spiegato, nel pomeriggio, incontrando i giornalisti - una risposta può essere quella di lavorare con registi italiani, magari come Garrone e Sorrentino". La rassegna cinematografica diretta dal regista Paolo Genovese (presidente della Umbria Film Commission) consegna questa sera il Premio Speciale Umbria Cinema proprio al celebre attore americano diventato negli ultimi anni anche regista. Un artista, Dillon, che di premi ne ha ricevuti molti in tanti anni di carriera ma che non nasconde di provare ogni volta una certa emozione: "Nella mia carriera ho fatto bei film ma anche altri non così grandi, ma se c'è una cosa bella del mio lavoro è quella di emozionarsi ancora nel ricevere un riconoscimento ulteriore". La cosa che piace a Dillon del cinema italiano "è che sa raccontare storie specifiche ma che si interfacciano con la globalità". Ha poi detto di apprezzare "l'autenticità" del lavoro di Fellini e confessato di aver visto recentemente "Accattone" di Pasolini, "un capolavoro che ti rimane dentro". Per Matt Dillon c'è un film in uscita con Fernando Trueba e un altro da girare ancora con Charlotte Gainsbourg. 'Haunted Heart' di Trueba è "un film che ha alla base una componente sentimentale ma con lati oscuri che attraversano i personaggi" ha spiegato Dillon che ha poi sottolineato di essersi trovato bene a girare con il regista spagnolo con cui condivide l'amore per la musica sudamericana.
Il prossimo film invece sarà 'An Ocean Apart' con la Gainsbourg. Ambientato a Parigi e Chicago alla fine degli anni '40, la pellicola ruota attorno all'appassionata e tempestosa storia d'amore tra la scrittrice femminista della Rive Gauche Simone de Beauvoir e il romanziere americano Nelson Algren. Parlando invece dei registi con cui ha lavorato, per il presente c'è Wes Anderson, definito "una delle voci più uniche del cinema di oggi", e il recente Asteroid city: "Quando Wes mi ha chiamato per una piccola parte ho accettato subito e sono rimasto sbalordito quando sono arrivato in un set di un campo di cocomeri dove aveva ricreato il deserto americano". Per il passato invece ci sono ricordi naturalmente per i film di Francis Ford Coppola che lo hanno fatto conoscere al grande pubblico come I ragazzi della 56/a strada e Rusty il selvaggio. "Lavorare con Francis - ha detto Dillon - per noi era come lavorare con un Dio. Alla mia audizione avevo lasciato ogni speranza di essere preso ma poi mi ha chiamato. Ero il più giovane del gruppo, avevo 18 anni. Aver lavorato con lui ha cambiato la direzione della mia carriera". Carriera di attore a cui fa seguito per Dillon ora anche quella di regista: "Voglio continuare a fare il regista, la cosa che mi gratifica di più ora. L'attore lo so fare e lo faccio da tempo e quindi adesso ho questo stimolo, più rischioso. Mi piace fare cose che non mi fanno stare comodo". Nel suo incontro con la stampa, Dillon ha toccato pure il tema dell'intelligenza artificiale e in particolare se questa può mettere a rischio la settima arte: "Ci sono molte cose positive ma anche molte negative da tenere in considerazione. Gli esseri umani hanno intenzioni che possono esprimere anche senza linguaggio, le macchine invece no. La differenza sarà fatta solo in base a come verrà regolato tutto questo. Devono esserci giuste regole"

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