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Luhrmann: "Il mio Elvis, una tela per raccontare l'America"

Luhrmann: "Il mio Elvis, una tela per raccontare l'America"

'Un punk ante litteram'. In Usa a giugno film con Butler e Hanks

ROMA, 17 febbraio 2022, 19:39

di Francesca Pierleoni

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Luhrmann, il mio Elvis, una tela per raccontare l 'America - RIPRODUZIONE RISERVATA

Luhrmann, il mio Elvis, una tela per raccontare l 'America - RIPRODUZIONE RISERVATA
Luhrmann, il mio Elvis, una tela per raccontare l 'America - RIPRODUZIONE RISERVATA

E' il manager del re del rock 'n roll', l'enigmatico e un po' inquietante colonnello Tom Parker (interpretato da Tom Hanks, trasformato anche nel fisico, qui nel suo ruolo più controverso), a guidarci fra i toni da favola nera ("Sono io il cattivo di questa storia" ci anticipa Parker) che permeano il trailer di Elvis, biopic, firmato dal regista australiano Baz Luhrmann del grande musicista, diventato già in vita una leggenda e morto prematuramente, dopo almeno un decennio di eccessi, a soli 42 anni nel 1977.

Nel film, in arrivo con Warner Bros negli Usa il 24 giugno e due giorni prima in molti Paesi del mondo, a dare volto a Elvis Aaron Presley, figlio di due lavoratori precari del Tennessee, Gladys (interpretata da Helen Thomson) e Vernon (Richard Roxburgh), è Austin Butler, attore trentenne conosciuto soprattutto per i ruoli in serie come The Carrie Diaries e The Shannara Chronicles o per quello di Tex Watson, accolito di Charles Manson, in C'era una volta a Hollywood di Tarantino. "I grandi narratori come Shakespeare non facevano biografie, ma usavano una vita di una persona reale come tela per esprimere le proprie idee - spiega Luhrmann nella conversazione in streaming insieme a Austin Butler per presentare il trailer alla stampa internazionale - Io sono sempre stato fan di Elvis, ma non conoscevo a fondo tutti i particolari della vita mitica che ha vissuto. Approfondendoli, ho capito che non ci sarebbe stato niente di meglio del suo percorso per raccontare L'America degli anni '50 '60 e '70, nei quali vive tre vite insieme. Elvis per me è una grande tela per esplorare l'America". Un racconto nel quale il 'villain' potrebbe essere visto da qualcuno nel colonnello Tom Parker (nome 'americano' dell'olandese naturalizzato statunitense Andreas Cornelis), impresario e talent scout che iniziò il suo sodalizio, segnato da luci ed ombre, con Presley, quando il cantante aveva 20 anni ed era un emergente della Sun Records. "E' un personaggio che non risulta simpatico, penso che Tom Hanks (ammalatosi di covid con la moglie Rita Wilson poco dopo l'inizio in Australia delle riprese, poi fermate che a causa della pandemia per sei mesi, ndr) aspettasse da una vita un ruolo come questo - spiega Luhrmann -. Parker racconta e difende la sua versione della storia, come fanno tutti gli storyteller, ognuno ne ha una propria, diversa dalle altre".

Nel cast anche, fra gli altri, Olivia DeJonge, nei panni del grande amore e poi moglie di Elvis, Priscilla, Kelvin Harrison Jr, Xavier Samuel, Kodi Smit-McPhee. La scommessa più grande per il regista comunque è Butler, scelto dopo sei mesi di casting (tra i nomi valutati fino all'ultimo, anche Ansel Elgort, Aaron Taylor-Johnson, Miles Teller e Harry Styles): "Ciò che mi ha entusiasmato di più nell'interpretare Elvis - dice Butler - è stato esplorare l'umanità di un uomo che ha rappresentato uno specchio della società, diventato nella cultura popolare quasi un supereroe". Butler ha cantato per il film molte canzoni di Presley: "Ho lavorato sul ruolo per più di un anno prima delle riprese, volevo sembrare il più vero possibile" spiega. "Austin canta tutte le canzoni di Elvis degli anni '50, poi andando avanti nel tempo la sua voce si fonde a quella del vero Presley - sottolinea Luhrmann -. Questo perché le sue incisioni degli anni '50 erano mono e anche rimasterizzate, hanno un suono che in un film non dà il senso della realtà. Noi dovevamo entrare nell'anima di Elvis e quindi abbiamo usato, per farlo, un linguaggio nostro". Per prepararsi Butler, ha studiato il rocker, fin nei minimi dettagli dei movimenti, "che cambiano da una decade all'altra. Ho guardato e ascoltato per mesi tutto il materiale disponibile. Sentivo una responsabilità incredibile verso la famiglia di Elvis, Priscilla e sua figlia Lisa Marie". Nel film ha grande spazio l'Elvis provocatorio degli inizi: "e' stato un punk ante litteram. Quando appariva per il modo in cui si muoveva scatenava, anche con la sua sensualità, il delirio tra il pubblico, tanto da venir considerato pericoloso per l'ordine pubblico. Era un personaggio unico e scioccante che ha avuto un ruolo centrale nella rivoluzione sessuale degli anni '60, vicino, per quello che incarna, anche al pubblico di oggi". Per questo "la missione "numero 1 di Austin è stata mostrare l'uomo Elvis Presley".

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