VENEZIA - Lo 'zingaro' pazzoide di Jeeg Robot, lo sfrontato cocainomane di Ostia di Non essere cattivo, il principe libero Fabrizio De André, ossia Luca Marinelli, porta occhi di brace e fame di successo in Martin Eden, dal romanzo di Jack London che Pietro Marcello ha liberamente trasportato dalla California alla Napoli "che tutti accoglie", spostando in avanti le vicende, surfando tra i fatti storici dell'inizio del Secolo Breve, nel film oggi in concorso a Venezia 76. Prodotto da Avventurosa, Ibc Movie con Rai Cinema, sarà in sala con 01 dal 4 settembre.
"Un film emozionante - dice Marinelli, che a breve si misurerà con un altro personaggio forte, Diabolik - pieno di cose". Con bellissimo materiale d'archivio, alternato alla finzione, Pietro Marcello ha messo in scena una "storia universale, un ragazzo che si emancipa, si riscatta con la cultura, perché la storia di Martin Eden è di tanti di noi, e però ne viene stritolato". L'avventuriero Martin Eden "che affronta a viso aperto la vita, colpito dalla fascinazione per la cultura - aggiunge Marinelli - con quella vuole riscattarsi anche socialmente, ma arrivando in cima alla montagna che ha faticosamente scalato, ne è deluso, fino a perdersi". Jack London sul finire dell'Ottocento e a cavallo del Novecento fu anticipatore dei guasti dell'individualismo: lo sceneggiatore Maurizio Braucci ricorda come London "abbia sperimentato l'essere grande autore di massa, scrittore di impegno politico, socialista, pensatore che crede di usare l'industria culturale, invece capisce che è l'industria culturale ad usare lui. E questo vale anche per oggi: la dicotomia che dilania tutti gli intellettuali tra il fare cultura e cercare di cambiare il mondo. L'anarchico eroe negativo Martin Eden viene stritolato come fu Jack London e questo ci ricorda in epoca più recente altri personaggi che hanno tradito le loro classi di appartenenza e sono crollati per esigenze di successo, da Fassbinder a Michael Jackson".
In un romanzo di formazione, celebre per le generazioni precedenti che hanno divorato i libri d'avventura, ci sono tanti livelli che nel film prendono la forma della complessità, ma al cuore c'è "il racconto dei rischi che l'esaltazione dell'individuo - dice all'ANSA Pietro Marcello - comporta, andando verso il neo liberismo più sfrenato". Amato dai giovani, popolare è anche Marinelli che scansa ogni rischio "perché so - spiega - che bisogna mantenere l'equilibrio, restare se stessi, saldi nelle proprie idee, rifiutare lavori che non mi suscitano l'emozione e la passione di esserci dentro fino in fondo, come è stato ad esempio per Martin Eden". E' attuale questo Martin Eden? "Ciascuno li può trovare, noi siamo dentro il nostro tempo", dice Pietro Marcello, ma la lotta di classe che muove all'inizio il protagonista "oggi è unilaterale - aggiunge Braucci - sono i ricchi che combattono i poveri con ogni mezzo, mentre i poveri non sono più organizzati".
Nel film, accanto a Jessica Cressy, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi c'è la partecipazione, nei panni di un intellettuale anarcoide che poi si suicida, del grande Carlo Cecchi. "Sono un attore di teatro - ha detto l'80enne interprete e regista fiorentino - e le mie frequentazioni cinematografiche sono poche, ma tutte nel segno di un archetipo, nel mio caso di Amleto. Il riferimento ad Amleto è nel mio ruolo di Morte di un matematico napoletano, in Miele di Valeria Golino e oggi in Martin Eden". "Ciascuno ha i propri archetipi, se quello di Carlo Cecchi è Amleto, il mio, perdonatemi, è Indiana Jones", ha concluso Luca Marinelli, gettando in una divertita disperazione Cecchi.
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