Quanto ha pesato la politica estera americana sulla rivoluzione in Ucraina e sui fatti del febbraio 2014 conosciuti come Euromaiden? Tanto, troppo. Come dimostra il bello e forte documentario "Ukraine on fire" di Igor Lopatonok, film di cui Oliver Stone è coproduttore e autore delle interviste passato oggi al Taormina Film Fest.
E così non a caso il regista di "Platoon" alla domanda sul peso della politica estera sui fatti internazionali e sulla potenziale differenza tra i candidati ufficiali alle presidenziali Donald Trump e Hillary Clinton rispetto alla stessa, non sembra troppo disposto a parlare. Ma poi alla fine dice: "Quello che succederebbe se fosse eletto Clinton o Trump conta poco. Negli Usa conta solo il sistema. Anzi la posizione di Hillary rispetto al sistema è ancora piu forte di quella di Obama".
E sempre Oliver Stone: "In Occidente c'è una resistenza verso la storia ucraina, in questo film la raccontiamo in una prospettiva diversa, mai sentita. È difficile capire cosa è accaduto anche perché si confondono i nomi dei molti protagonisti. La cosa buffa è che un documentario come "Winter on fire: Ukraine's Fight for Freedom"di Evgeny Afineevsky, che parlava degli stessi temi, è stato a un passo dagli Oscar, un lavoro però fatto tutto con materiale ufficiale e che diceva poco della verità di ciò che è accaduto".
Di cosa parla 'Ukraina on fire? Racconta le complicate vicende subite da questa terra di confine e da sempre contesa, per la sua collocazione geografica, tra Occidente ed Oriente. E lo fa attraverso materiale di repertorio e le interviste realizzate dal regista premio Oscar al presidente della Russia Vladimir Putin (verso cui Stone mostra simpatia), all'ex presidente Viktor Yanukovich e all'ex ministro degli Interni Vitaliy Zakharchenko.
Si parla degli scontri a Kiev per Euromaiden del 30 novembre 2013, per i quali ci furono centinaia di morti tra poliziotti e manifestanti; della storia del nazionalismo ucraino e del suo leader Stepan Bandera, nemico sia di ebrei che di russi, da sempre coperto dalla Cia; da quello che c'è dietro le cosiddette 'rivoluzioni colorate' (Serbia, Giorgia, Kirghizistan), movimenti a volte spontanei, ma poi pilotati dall'intelligence anche attraverso infiltrazioni delle Organizzazioni Non Governative. "Immaginate se una cosa del genere la facesse il Messico - dice Stone - , se pagasse oppositori messicani, il caso sarebbe subito stroncato dagli Usa come è successo per Occupy Wall Street".
E poi c'è Putin che dichiara con spontaneità a Stone la sua grande paura: ''Sappiamo cosa succederebbe se l'Ucraina cadesse sotto l'ombrello Nato. Dopo un po' arriverebbero le basi missilistiche americane". Non manca un accenno sull'abbattimento dell'aereo Malaysia Airlines (17 luglio 2014) mentre sorvolava l'Ucraina che fa dire al regista: "Capisco la vostra frustrazione sulla mancata verità per Ustica dopo tanti anni".
Di Putin dice:- "Sono stato colpito dalla sua natura non emotiva. Era molto calmo, ragionevole, e non mostrava di voler attirare simpatia, un uomo che conosce le cose".
Insomma da tutto il documentario l'idea che la crisi ucraina può essere considerata una vera e propria guerra fredda 2.0 e ci ha avvicinato, come non era mai accaduto prima, a un conflitto mondiale.
Per quanto riguarda infine la sua creatività, non è vero che Stone ama solo fare documentari: "Sta per uscire 'Snowden su un tecnico informatico della Cia (Joseph Gordon-Levitt)'. Un film appunto di fiction. È vero comunque che non amo lo star system di Hollywood e preferisco il contatto con la realtà vera''.
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