L'intima tensione tra la storia
artistica e millenaria di Roma e New York, la città del futuro,
dove alla fine Willem de Kooning era giunto dopo essersi
imbarcato su una nave, senza documenti per l'immigrazione,
dall'Olanda verso gli Stati Uniti nel 1926. Per ottenere la
cittadinanza americana dovrà attendere il 1962 al culmine della
carriera. C'è forse questo, nelle parole dell'artista quando, in
una intervista nell'inverno del 1959, disse: "Sentivo di dover
tornare subito a Roma, perché la città mi aveva fatto
un'impressione enorme".
De Kooning, icona dell'arte moderna statunitense, assieme a
Pollock e Rothko, conosceva bene l'Italia e la sua tradizione
pittorica - note le visite compiute al Metropolitan Museum
assieme all'amico Arshile Gorky - e tra il 1950 e il 1956 aveva
visto le sue opere esposte in tre Biennali a Venezia, ma solo
nel 1959 aveva avuto occasione di recarsi in Italia per la prima
volta, per poi tornarci dieci anni dopo, invitato al Festival
dei Due Mondi di Spoleto.
I momenti della vita e della ricerca dell'artista legati ai
due lunghi soggiorni sono al centro della mostra "Willem de
Kooning e l'Italia", a cura di Gary Garrels e Mario Codognato,
alle Gallerie dell'Accademia, a Venezia, organizzata in
collaborazione con la Fondazione intitolata all'artista, fino al
15 settembre (catalogo Marsilio Arte). L'esposizione è una delle
punte di diamante della vasta offerta di eventi e rassegne
dedicati all'arte moderna e contemporanea presenti a Venezia nel
periodo della Biennale d'Arte.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA