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Addio a Richard Rogers, pioniere dell'Inside Out

Architettura

Addio a Richard Rogers, pioniere dell'Inside Out

Con Renzo Piano firmò il Centre Pompidou. Il dolore dell'architetto italiano: 'E' stato il mio fratello maggiore. Noi vicini tutta la vita'

ROMA, 19 dicembre 2021, 03:55

di Silvia Lambertucci

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Gli architetti Renzo Piano (s) e Richard Rogers in una immagine del 10 settembre 2006, in occasione della consegna del Leone d 'Oro alla carriera a Rogers - FOTO ANDREA MEROLA / ANSA - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gli architetti  Renzo Piano (s) e Richard Rogers in una immagine del 10 settembre 2006, in occasione della consegna  del Leone d 	'Oro alla carriera a Rogers - FOTO ANDREA MEROLA / ANSA - RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli architetti Renzo Piano (s) e Richard Rogers in una immagine del 10 settembre 2006, in occasione della consegna del Leone d 'Oro alla carriera a Rogers - FOTO ANDREA MEROLA / ANSA - RIPRODUZIONE RISERVATA

  - L'ultimo progetto è una piccola galleria d'arte nel sud della Francia, un edificio leggero come una poesia, sospeso come un'astronave sul bordo di una collina, con l'arancio degli elementi strutturali in bella evidenza a contrasto con il verde dei vigneti di Chateaux la Coste. Ma dall'iconico centre Pompidou, quello che rivoluzionando l'idea di museo portò fama mondiale a lui e all'amico Renzo Piano, all'imponente palazzo dei Lloyd's a Londra con le sue torri d'acciaio, dall'aeroporto Barajas di Madrid con le sue forme sinuose fino al capannone per il laboratori di tecnologia Pa di Princeton nel New Jersey, nei progetti di Richard Rogers, il grande architetto italo inglese morto ieri a Londra a 88 anni c'è sempre qualcosa che in qualche modo sembra alludere al gioco, che evoca l'allegria, l'amore per la luce e per i colori che hanno sempre fatto da sfondo all'impegno professionale di quello che viene considerato come uno dei massimi esponenti della corrente architettonica dell'hi-tech. "Dovendo definire Richard direi che era elegant, nel senso inglese del termine", dice di lui oggi l'amico Renzo Piano, che ne ricorda l'origine italiana (era nato a Firenze da una famiglia inglese da tempo trapiantata in Italia che poi tornò a Londra quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale) ma anche l'anima "profondamente mediterranea". Ad unire i due progettisti, amici di una vita, era un'idea dell'architettura pubblica, degli edifici sempre pensati come "luoghi per le persone" e di città immaginate proprio per questo, "per favorire gli incontri, fare da catalizzatori di scambi", come scrisse la commissione che nel 2007, con un po' di ritardo forse, gli riconobbe il Pritzer Price, quello che viene considerato il Nobel dell'architettura. Anche dietro il suo interesse per la tecnologia c'era questa visione, l'idea della tecnica come possibile chiave per l'evoluzione e il miglioramento sociale. Con gli edifici che nella sua poetica diventano anche contenitori flessibili, capaci di adattarsi via via anche agli eventuali cambiamenti della loro destinazione d'uso. Dopo la laurea a Londra si trasferisce negli Usa a Yale, dove incontra Norman Forster , con cui dà vita nei primi anni '60 al Team 4 di cui fanno parte anche Wendy e Georgie Cheesman. E' nel '70, finita l'avventura americana, che incontra Renzo Piano, con il quale vince il concorso internazionale per il Centre Georges Pompidou a Parigi (1971-1977) o Beaubourg come lo chiamano in molti a Parigi. L'amicizia e l'intesa professionale con lui durerà tutta la vita anche se da città diverse, ognuno con il suo studio, come ha raccontato oggi il grande architetto genovese, seppure in un continuo confronto di idee e reciproca ammirazione. Seguono tanti interventi, a partire dal Lloyd's Building che anticipa uno dei temi più cari a Rogers, quello dell'Inside Out, in qualche modo "un'architettura a rovescio" che ribalta l'edificio come un maglione mettendone a nudo impianti ed elementi strutturali e funzionali, un po' per esaltare la tecnica del costruire e un po' anche per rendere più grandi e più ariosi, accoglienti per l'uomo gli spazi interni. Di qualche anno successivo è il piano di riqualificazione ad Hammersmith alla periferia di Londra, seguito da decine e decine di progetti in tutto il mondo, dall'ampliamento dell'aeroporto di Marsiglia al tribunale per i diritti dell'Uomo di Strasburgo , dal Terminal 5 di Heatrow a una biblioteca e una sala per concerti a Helsinki. Anche nella sua Toscana, a Scandicci, c'è un progetto che porta la sua firma, un grande lavoro urbanistico - viene ricordato oggi - che trasformò quel luogo da dormitorio-satellite di Firenze a città con identità autonoma. Nella sua lunghissima carriera di progettista del resto, premi e riconoscimenti non sono mancati, dal Pritzer al Premium Imperiale ha avuto veramente tutto e anche il cordoglio delle istituzioni per lui oggi è unanime. La regina Elisabetta lo ha insignito del ruolo di baronetto, qualche anno prima che l'amico Piano fosse nominato senatore a vita lui è stato Lord. Nella vita amava il mare e le vacanze in Italia, in Toscana dove aveva una casa e in Liguria, innamorato di Vernazzo. I colori, i suoni, gli odori della natura, ma anche lo scambio degli affetti e della socialità, tutte cose che poi in qualche modo confluivano nelle sue architetture, come quell'ultima piccola galleria sospesa sui vigneti di Francia. C'era una frase del resto che gli capitava di ripetere spesso: "Non si può pensare all'architettura senza pensare alla gente". (ANSA) 

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