Un grido di pace nell'abbraccio commovente a due testimoni del conflitto tra Israele e Palestina, che dal 7 ottobre hanno perso i propri cari ma non hanno perso la speranza di essere amici. E' il gesto più significativo della visita che papa Francesco ha reso a Verona, città che lo ha accolto in nome della pace e giustizia. Al centro della visita l'incontro 'Arena di Pace', tornato dopo 10 anni a riunire i movimenti popolari, chiamati a riflettere su migrazioni, ambiente, lavoro, economia, democrazia e disarmo.
Sul palco sono saliti l'israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l'esercito israeliano ha ucciso il fratello. Hanno spezzato le catene dell'odio e sono diventati amici e collaboratori: "Crediamo che la pace sia la più grande impresa da realizzare. Non ci può essere pace senza un'economia di pace. Un'economia che non uccide. Un'economia di giustizia", hanno detto.
Al loro discorso è seguita la standing ovation dei 12.500 in Arena, e l'abbraccio assieme al Papa. "Credo che davanti alle sofferenze di questi due fratelli - ha poi detto il Pontefice - che è la sofferenza di due popoli, non si può dire nulla. Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi. E questo non solo è coraggio, è testimonianza di volere la pace, ma anche è un progetto di futuro: abbracciarsi". Il papa ha poi chiesto di fare silenzio: "Guardando l'abbraccio di questi due si preghi dentro di sé, e si prenda una decisione interiore, per fare qualcosa per far finire queste guerre". Ha quindi ribadito con forza: "La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri. Dice San Paolo: 'Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato'. Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza!", ha esortato Papa Francesco. Altro momento della giornata di Francesco - diventato quasi una costante nelle sue visite pastorali - è stata la visita e il pranzo con i detenuti e gli operatori della casa circondariale di Montorio, che si è colorato di gioia e speranza, prima di tutto dall'accoglienza festosa nel cortile interno del penitenziario. "Dio perdona sempre - ha detto - e perdona tutto. Voglio dirvi che vi sono vicino, e rinnovo l'appello, specialmente a quanti possono agire in questo ambito, affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria". Ricordando i recenti suicidi, proprio a Verona, ha esortato i detenuti "a non cedere allo sconforto. La vita è sempre degna di essere vissuta, e c'è sempre speranza per il futuro, anche quando tutto sembra spegnersi".
La giornata era iniziata dall'incontro con i sacerdoti e i religiosi, nella basilica di San Zeno. Ai preti un monito speciale, nel sacramento della Penitenza: "Per favore, perdonate tutto! Perdonate tutto. E quando la gente va a confessarsi, non andare lì a inquisire. Non torturate i penitenti". Sul sagrato, ha invitato i bambini e i ragazzi a "essere un segno di pace, insieme". E alla Messa conclusiva allo stadio Bentegodi, davanti a 31mila fedeli, andando a braccio, ha ribadito ancora una volta in chiave spirituale: "Tutti noi abbiamo bisogno dell'armonia, tutti noi abbiamo bisogno che lo Spirito ci dia armonia, nella nostra anima, nella famiglia, nella città, nella società, nel posto di lavoro. Il contrario dell'armonia è la guerra, è lottare uno contro l'altro". Poi un lungo applauso della folla lo ha accompagnato mentre saliva sull'elicottero per lasciare Verona.
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