Intercettato ed indagato per anni,
prosciolto in udienza preliminare dal gup perchè il fatto non
sussiste. E' la storia processuale del geometra palermitano
Davide Giambanco finito in una inchiesta per mafia sul clan di
Rocca Mezzo Monreale e sul boss Pietro Badagliacca e scagionato
con formula piena la scorsa settimana. Giambanco era difeso
dagli avvocati Enrico Sorgi e Piero Capizzi.
Il professionista, che per anni ha avuto una agenzia immobiliare
nel quartiere, era stato accusato di associazione mafiosa, reato
modificato in corso di indagine in favoreggiamento aggravato, e
di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Al geometra la Procura contestava l'avere organizzato un
incontro riservato tra il capomafia e un imprenditore che
gestisce alcune palestre in città. Ma l'appuntamento, si è
sempre difeso il Giambanco, era volto solo a definire affari
immobiliari visto che entrambe le parti- la società che gestiva
il centro sportivo e Badagliacca- erano suoi clienti.
A conferma della tesi difensiva, in anni di intercettazioni a
carico dell'indagato non è emerso altro che l'intermediazione
fatta, nell'ambito della sua attività di agente immobiliare,
appunto, per la compravendita di alcune proprietà che la
palestra avrebbe voluto acquistare.
E' invece caduta per mancanza di querela la contestazione di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Secondo la Procura
il geometra, minacciato da un cliente, avrebbe chiesto
l'intercessione del capomafia . Circostanza mai provata
dall'accusa.
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