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Scieri: giudici, ucciso perché si ribellò ai "nonni"

Scieri: giudici, ucciso perché si ribellò ai "nonni"

La corte d'assise pisana deposita le motivazioni della sentenza

PISA, 10 ottobre 2023, 16:53

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Emanuele Scieri, verosimilmente, reagì ai soprusi dei "nonni" e pagò con la vita quelle violenze.
    E' il ragionamento principale sul quale la corte d'assise di Pisa, presieduta dal giudice Beatrice Dani, motiva la sentenza di condanna, rispettivamente a 26 e 18 anni, agli ex caporali della Folgore, Alessandro Panella e Luigi Zabara, emessa 24 anni dopo la morte di Scieri alla caserma Gamerra di Pisa sede del centro di addestramento dei paracadutisti: il cadavere fu rinvenuto il 16 agosto 1999, tre giorni dopo i presunti atti di nonnismo di cui sarebbe stato vittima. La notizia del deposito delle motivazioni è riportata oggi dalla stampa locale. Nelle oltre 100 pagine della sentenza si definisce di "una credibilità cristallina" la deposizione del teste chiave del processo, Alessandro Meucci, ovvero il paracadutista che la notte del 13 agosto ha detto di avere visto Panella, Zabara e Andrea Antico - il terzo indagato processo con rito abbreviato e assolto in primo grado -, in camerata quando, invece, i tre hanno sempre detto che quel giorno erano in licenza. Ci sono altri passaggi, nelle motivazioni depositate dalla corte d'assise pisana che rischiano di complicare proprio la difesa di Antico, e che riportano la frase del sottufficiale, l'unico tuttora in servizio nell'esercito, riferita proprio da Meucci che dice: "L'abbiamo fatta grossa". E Zabara che rivolto a Panella, aggiunge: "Stavolta hai esagerato". Il racconto del testimone è ritenuto credibile dalla corte così come quello di altri testi che hanno confermato la presenza in caserma di Panella, Zabara e Antico quella notte del 13 agosto. La furia dei "nonni", secondo i giudici, sarebbe stata scatenata proprio da una reazione di Scieri (recluta appena arrivata a Pisa dopo il Car a Firenze) a qualche loro appunto scatenando, scrive la corte, "un delirio di onnipotenza".
   

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