Una nuova forma di abigeato sta
interessando le campagne siciliane. Si tratta del furto di
arnie e api, un fenomeno in continua crescita che sta creando
parecchio allarme tra gli apicoltori. A lanciare l'allarme è il
presidente di Fai Sicilia, la Federazione degli apicoltori
aderente a Confagricoltura, Vincenzo Stampa.
"Ci giungono numerose segnalazioni - precisa Stampa - ma
siamo sicuri di ritenere che il fenomeno sia molto più vasto in
quanto non tutti i reati vengono ufficialmente denunciati. Una
situazione che in quest'ultimo periodo ha fatto registrare un
picco nel numero degli alveari trafugati e che ci fa ritenere
l'esistenza di un canale clandestino per la ricettazione delle
arnie".
Oltre al danno economico per gli allevatori c'è il rischio di
consistenti deficit produttivi: le api svolgono infatti una
funzione fondamentale per l'impollinazione delle piante. Secondo
la Fao (Food and Agriculture Organization) alle api è legato il
destino del 71% delle colture dei prodotti alimentari.
"L'auspicio - aggiunge Stampa - è che vengano rafforzati i
controlli nelle aree rurali, diventate una sorta di 'zona
franca' per il crimine, mentre la proposta è quella di inserire,
nelle misure destinate allo sviluppo del settore apistico, la
possibilità di dotarsi di strutture per la sorveglianza a
distanza o di telerilevamento. In Sicilia l'attività prevalente
è quella del nomadismo svolta in aree di difficile accesso e
lontane dai centri abitati".
Ogni arnia può contenere da 15 a 90 mila api e ha un valore
di circa 200 euro. Oltre al danno materiale bisogna considerare
quello per il mancato raccolto perché ciascun alveare produce in
media 40 chili di miele, senza contare pappa reale, propoli e
cera.
Gli investigatori hanno scoperto che in Puglia, la Regione
con il più elevato numero di furti di alveari, esiste una vera e
propria rete criminale formata da vedette, riciclatori,
intermediari e basisti dove ha trovato posto l'ex manovalanza
del contrabbando.
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