"Edipo Re. Una favola nera". E'
il visionario spettacolo del Teatro dell'Elfo in scena dal 14 al
18 febbraio al Massimo di Cagliari e il 20 al Comunale di
Sassari per Cedac. Nel cast, nei ruoli di Tiresia, Laio e la
Sfinge, Ferdinando Bruni, che firma drammaturgia e regia con
Francesco Frongia. Con lui tre giovani attori: Edoardo Barbone,
Vincenzo Grassi e Mauro Lamantia in Edipo.
"Nel rapporto tra libertà e necessità, tra la volontà di
determinare la nostra vita e l'accettazione degli eventi su cui
non possiamo intervenire, sta la nostra capacità di stare al
mondo", dice all'ANSA Ferdinando Bruni. Il suo Edipo è un'
inedita versione dell'opera di Sofocle, dove il dramma arcaico
si intreccia alle moderne variazioni sul mito: "siamo partiti
dall'idea di rappresentare l'Edipo Re - racconta l'artista - ma
durante la preparazione dello spettacolo, ci siamo resi conto
che la storia raccontata da Sofocle ha continuato ad affascinare
scrittori, drammaturghi e poeti fino ai giorni nostri, quindi
abbiamo messo in scena il testo usando quello che ci sembrava
più forte in questa narrazione".
"Il rapporto tra Edipo e Giocasta deriva da 'La macchina
infernale' di Jean Cocteau, per il personaggio della Sfinge
prendiamo spunto da Steven Berkoff, il suo dialogo con Edipo
diventa un incontro tra il maschile e il femminile. Il gioco
crudele che gli dei fanno su Edipo nasce da una vendetta nei
confronti di Laio che, durante un banchetto aveva stuprato il
figlio del re, infrangendo, tra l'altro,la regola sacra
dell'ospitalità, punita attraverso il figlio. Edipo non ha
colpa, fa tutte le cose giuste, risolve l'enigma, uccide la
Sfinge e sposa la regina: è l'inizio della fine, l'eroe fuggendo
dall'oracolo incontra il suo destino", sostiene.
I costumi, quasi abiti-sculture, sono di Antonio Marras: "non
amo fare costumi per il teatro, se vengono considerati come
accessori - rivela il celebre artista algherese - ho sempre
pensato che i costumi fossero e dovessero essere parte
integrante del processo, allo stesso modo della drammaturgia,
scene, luci, musica, un elemento di questo mosaico: l'abito non
è un semplice indumento, ma è parte integrante dello spettacolo.
Un alfabeto, un codice con cui ti esprimi, lanci dei messaggi al
pubblico, a coloro che incontri dall'altra parte del mondo:
parole che formano un vocabolario".
Nel foyer del Massimo dal 14 al 18 febbraio la mostra "Vestire
il Mito" con i disegni di Antonio Marras.
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