I pazienti affeti da
Covid-19 con ridotta velocità di filtrazione glomerulare (Gfr,
un indice di funzionalità renale) hanno un incremento del 64%
del rischio relativo di morte o di ingresso in terapia
intensiva.
Lo studio, fatto da internisti, nefrologi e neurologi dell'Irccs
Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia),
è stato pubblicato sul Journal of Clinical Medicine e contiene
indicazioni sia per i pazienti affetti da malattia renale sia
per i medici di area Covid.
Secondo lo studio, che ha preso in esame le cartelle cliniche
di 254 pazienti ricoverati per Covid a San Giovanni Rotondo
durante la prima ondata pandemica, la disfunzione renale,
identificata da una ridotta velocità di filtrazione glomerulare
(Gfr) al momento del ricovero, è predittiva di outcome
sfavorevole. Questi pazienti, che hanno un maggior rischio di
ingresso in terapia intensiva e di morte, vanno monitorati con
maggiore attenzione e a loro vanno rivolte cure più "aggressive"
sin dall'inizio.
"Da questa ricerca possiamo trarre 2 indicazioni molto chiare
- spiega Salvatore De Cosmo, direttore dell'Unità di Medicina
Interna dell'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza e coordinatore
dello studio -. La prima è che, come stanno già facendo le
società scientifiche di Nefrologia, i pazienti affetti da
malattia renale devono essere messi a conoscenza del rischio che
potrebbero correre contraendo l'infezione da Sars-cov-2, e di
conseguenza dovrebbero essere molto attenti nell'evitare
l'infezione, ad esempio vaccinandosi al più presto se non
l'hanno ancora fatto. La seconda indicazione è per i medici di
area Covid-19: un basso valore di Gfr al momento del ricovero in
ospedale è un campanello d'allarme da non trascurare. Questi
pazienti devono essere considerati ad alto rischio di
deterioramento clinico e di morte, e pertanto trattati con
terapie aggressive".
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