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Diciottenne italiana detenuta in Kazakistan, ha tentato il suicidio

Diciottenne italiana detenuta in Kazakistan, ha tentato il suicidio

Accusata di traffico di droga, sarebbe stata segregata per giorni

BARI, 29 ottobre 2023, 16:20

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 "Sono all'esterno del carcere, qui è sera, spero di riuscire a entrare domani mattina. Amina l'ho vista l'ultima volta venerdì. Ha tentato per due volte il suicidio, la seconda volta quando le hanno negato i domiciliari. Sta male perché nessuno le crede. E' stanca, ha perso nove chili. Siamo tutti molto depressi", racconta all'ANSA Assemgul Sapenova, mamma di Amina Milo, la 18enne detenuta in Kazakistan con l'accusa di traffico di droga. Un'accusa che secondo sua madre e il suo legale sarebbe infondata. "Non la lascio sola con questi lupi", dice Assemgul, ricordando che la prima volta che Amina fu arrestata gli agenti le dissero "di non rivolgersi all'ambasciata italiana perché avrebbero 'fatto del male' a mia figlia".

   Amina è rinchiusa da tre mesi nel carcere di Astana, capitale del Kazakistan, arrestata con l'accusa di traffico internazionale di stupefacenti e rischia dai 10 ai 15 anni di carcere. La notizia è riportata dal 'Quotidiano di Puglia' secondo il quale la giovane vive a Lequile, in provincia di Lecce, non parla il russo o il kazako e sarebbe stata arrestata senza la presenza di un traduttore e senza prove.

"Chiedo aiuto all'Italia e in particolare al ministro Tajani, vi prego aiutatemi, voglio tornare a casa", sono le parole che Amina ha scritto su un biglietto affidato a sua madre che lo ha fornito all'ANSA. Verso fine giugno fu arrestata la prima volta e trattenuta in "una casa" dalla polizia che, secondo quanto riferito dalla madre, "l'ha maltrattata". Un referto evidenzia che dopo la detenzione Amina aveva "lividi ed escoriazioni".

    Secondo quanto riferito dal quotidiano, la 18enne era andata in Kazakistan in estate con sua madre Assemgul Sapenova per visitare alcuni parenti che vivono lì. Sarebbe stata fermata una prima volta mentre era con un ragazzo del posto, e rilasciata dopo una notte in custodia. Dopo alcuni giorni, il 4 luglio, sarebbe stata nuovamente fermata e portata con l'inganno - ricostruisce il quotidiano - da due agenti di polizia in un appartamento privato dove sarebbe stata segregata e maltrattata per 16 giorni. Gli agenti avrebbero poi chiesto telefonicamente a sua madre un riscatto di 60mila euro per riavere sua figlia. A quel punto la donna, sempre secondo la ricostruzione del quotidiano, si sarebbe rivolta all'ambasciata italiana ad Astana che ne ha ottenuto il rilascio.

    La Farnesina ha seguito fin dall'inizio il caso di Amina Milo Kalelkyzy. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, immediatamente informato della vicenda, ha dato disposizioni all'ambasciata ad Astana di garantire la massima assistenza alla connazionale, che riceve visite regolari da parte del personale consolare italiano in Kazakhstan. Durante le fasi processuali, viene assicurato, un funzionario dell'ambasciata ha sempre partecipato come osservatore. Il ministero e l'ambasciata ad Astana continueranno ad occuparsi del caso e a fornire assistenza alla connazionale.

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