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GEOPOLITICA INTERNAZIONALE, LA PAROLA A SIAGRI E MARAN

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GEOPOLITICA INTERNAZIONALE, LA PAROLA A SIAGRI E MARAN

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Responsabilità editoriale di FROOGS

11 giugno 2021, 10:45

FROOGS

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PressRelease - Responsabilità editoriale di FROOGS

Geopolitica sino-americana e la questione Taiwan, le differenze tra Trump e Biden, il ruolo sempre maggiore dell’India e la via della seta, autarchia tecnologica e il ruolo dell’intelligenza artificiale e delle banche dati bello scontro tra i due colossi. Su questi temi si è incentrata, nei giorni scorsi, una discussione informale tra il senatore dem Alessandro Maran, esperto di politica internazionale, e Roberto Siagri, ex ad di Eurotech e uno dei più influenti fisici dello Stivale. Insomma una “tertullia” durante la quale si sono mescolati temi di politica internazionale con questione più legate alla finanza e all’economia

Sulle differenze tra l’attuale presidente Joe Biden e il suo predecessore Donald Trump, per Maran “Trump era un commerciante, un negoziatore, che aveva impostato la politica della destra americana attorno a un negoziato. La visione del mondo di Biden è, invece, più radicale e ha chiamato il Paese e i suoi alleati alla lotta contro gli autocrati invitando le democrazie avanzate a una battaglia per contrastare l’idea che ha, poi, come propugnatore il presidente cinese Xi Jinping, con quest’ultimo che teorizza che lo sviluppo tecnologico può essere guidato solo da paesi autocratici”. Motivo per il quale, per il senatore originario di Grado (Gorizia), Biden ha invitato, in occasione dell’ultimo incontro a Monaco, i Paesi europei a una battaglia ideologica. In questo senso riprendendo, in un certo qual modo, la politica della destra americana del dopoguerra, con uno scontro di sistema”. In questo contesto sempre per Maran, “l’Europa, che aveva chiuso un accordo commerciale con la Cina a dicembre, dopo il genocidio degli Uiguri. un'etnia turcofona di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, soprattutto nella regione autonoma dello Xinjiang, impone le sanzioni alla Cina, benchè limitate. Con la reazione cinese che è violentissima e che impone sanzioni ai parlamentari europei, quindi su chi ha espresso un’opinione, cosa che chiaramente l’Europa non può accettare; ed ecco che quindi viene accantonata la ratifica dell’accordo commerciale con la Cina. Quindi in realtà gli spazi si stanno restringendo. Il che la dice lunga su quello che sta succedendo”. Per Siagri “questo è quanto sta accadendo dal punto di vista geopolitico”, invece sul piano tecnologico, “ci sono 50 miliardi di dollari messi sul piatto da Biden per la costruzione di fabbriche di silicio negli Usa perché gli statunitensi, pur fornendo a livello mondiale circa il 50% di semiconduttori ne producono solo il 14%. Ed ecco entrare nella questione il tema di Taiwan, che è un grande produttore di semiconduttori, e di Singapore, con entrambi i Paesi che potrebbero finire nella sfera cinese se davvero è così forte questa politica espansionistica del colosso cinese. Ora occorrerà capire cosa vuole fare Biden per quel che concerne Taiwan, considerata da sempre come una sorta di stellina sulla bandiera americana”.

C’è il rischio di un conflitto all’orizzonte? Per Maran “l’atteggiamento della Cina fa intravedere una soluzione conflittuale. Anche se la capacità nucleare della Cina è molto modesta, solo 28 vettori. Basti pensare che la Gran Bretagna appena dopo la brexit ha inviato una squadra navale, con tanto di portaerei nel Pacifico. Il motivo è che Singapore non deve essere spaventata. E’ parliamo di una squadra navale, quella britannica, che ha in dote 300 missili nucleari. Poi, riguardo agli Usa, non dimentichiamo che le guerre, a parte qualche eccezione, le fanno sempre i democratici”.

Un colosso, quello cinese, che per Maran “non è un monolite. E’ verosimile che all’origine del nazionalismo esasperato ci sia il fatto di essere guidata da un partito unico che cerca nemici esterni per legittimarsi. Inoltre il censimento cinese decennale ha rilevato un crollo delle nascite. I cinesi hanno ritrattato la notizia ma è evidente che, in un tempo rapidissimo, la Cina sta diventando vecchia prima di diventare ricca”. Anche per Siagri “Biden non può certo essere considerato un pacificatore”

Per quel che concerne la questione squisitamente tecnologica, per Maran “la Cina può puntare all’autarchia tecnologica”, anche se, per il senatore, questo non avverrà, in quanto “il pensiero di un ritorno alla guerra fredda è impensabile: nei decenni scorsi è stata possibile perché di fronte c’erano due realtà non comunicanti, oggi non è così. La Cina vende i prodotti sul mercato americano e europeo e soprattutto la produzione è delocalizzata”. Alternativa per gli USA, a questa realtà, è “quella di portare a casa la produzione o di spostarla, ad esempio, in India, soprattutto quella tecnologica”. Mentre la Cina, per Siagri, “potrebbe puntare su Taiwan o Singapore, cosa che potrebbe creare problemi agli Stati Uniti. Ecco perché Biden investirà 50 miliardi per fare fabbriche in America. D’altro canto – prosegue Siagri - oggi le pubblicazioni di carattere scientifico vedono una prevalenza di ricercatori cinesi, anche nei settori emergenti a partire dalle tecnologie quantistiche, dei nuovi materiali e della fotonica, dove il colosso asiatico è già indipendente, come anche sul 5G, dove sono stati provvisoriamente bloccati. La Cina è in grado di potersi fabbricare quasi tutto internamente, magari producendo anche qualcosa già brevettato dagli americani che nella peggiore delle ipotesi non potrebbe esportare ma potrebbero usare internamente. Resta il fatto che la crescita tecnologica cinese non è trascurabile”. Uno scontro a due, quello tra Cina e Usa che non convince del tutto Maram, secondo il quale “è l’India la principale antagonista della Cina”.

Certamente fondamentali saranno, in un ipotetico scontro, il controllo dei dati e dei software di intelligenza artificiale. Per Siagri “in uno scenario di cyber war, basta bloccare le strutture informatiche delle attività o degli asset strategici. La Cina, da questo punto di vista, è avvantaggiata grazie a tutti i dati in loro possesso e raccolti sia internamente sia dalle società cinesi che operano nel settore digitale su tutto il pianeta.”  Basti pensare alle telecamere della cinese Dahua Technology installate a palazzo Chigi. D’accordo Maran, per il quale “il campo vero su cui primeggia la Cina è proprio quello dell’intelligenza artificiale”, considerazione a cui fa eco quella di Siagri che conferma “il peso soprattutto sulla gestione dei dati e la necessità di supercalcolatori per prcessarli. C’è una grande corsa su chi installerà potenze di calcolo più importanti. La Cina ha fatto passi in avanti senza precedenti. E’ un testa a testa tra le due potenze, almeno per quel che sappiamo. I cinesi sono avanti sul 5G, per il quale sono già pronti, anche nel software. Non so quanto tempo si possa pensare di tenere distanziata la Cina sulle questioni tecnologiche”.

Altro punto di scontro/confronto è la questione climatica: ad Anchorage, in Alaska, a marzo scorso, è andato in scena uno scambio di accuse davanti alle telecamere,, tra cinesi e americani durante un incontro voluto da questi ultimi. Ma alla fine sono spuntate convergenze su Iran, Nord Corea e clima. E su quest’ultimo, appunto, Siagri ha sottolineato come “più i Paesi digitalizzano più vogliono creare modelli sostenibili, e la Cina non fa eccezione”. Una questione invece che per Maran, “nonostante gli accordi, vede la Cina non messa molto bene, soprattutto per la sua dipendenza dal carbone, e con le città che sono un disastro dal punto di vista ambientale”. Siagri ha parzialmente dissentito da quanto affermato dal senatore giuliano, in quanto “sulle auto elettriche la Cina sta andando benissimo, ambito in cui ho notato un miglioramento incredibile. Quello della sostenibilità è un tema di interesse economico. Ormai se vuoi fare affari devi cambiare a adattare il modo di farlo e questo modo deve essere sostenibile”.

Infine i due hanno aperto una finestrella sulla Belt and Road Initiative, arenatasi in Europa dopo l’arrivi di Biden. Per Maran “non puoi pensare di andare a Belgrado risalendo dal Pireo, o percorrere l’alternativa via mare che è rappresentata da Trieste, facendo tutto tu da solo, con aziende proprie, operai propri”. Su quest’ultimo punto una conclusione vien da se: i cinesi hanno risvegliato, o meglio “scardinato” l’interesse della comunità mondiale su Trieste: infatti dopo lo stop cinese, è arrivato l’interesse concreto dei tedeschi di Amburgo, con l’ingresso nella società della nuova piastra logistica. E’ bastato un ruggito della tigre asiatica per risvegliare dal torpore i principali attori del vecchio continente.

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