Sta facendo il giro del mondo in queste ore la notizia secondo cui il dipendente di un’azienda multinazionale è caduto nel tranello di ignoti truffatori che, utilizzando l’intelligenza artificiale, lo hanno indotto a trasferire un totale di 200 milioni di dollari di Hong Kong (circa 24 milioni di euro) sui loro conti in banca.
A rendere noto il fatto è stata la polizia di Hong Kong, che ha spiegato anche come la truffa sia stata portata a compimento in più fasi: in primo luogo, il dipendente - che è rimasto anonimo così come l’azienda vittima della frode - ha ricevuto un messaggio via posta elettronica dal capo del dipartimento finanziario dell’azienda in cui lavora, basato nel Regno Unito. Nel messaggio gli veniva chiesto di avviare in segreto una serie di cospicue transazioni verso diversi conti.
Inizialmente insospettito da quella che pensava essere una e-mail di phishing, l’uomo si è convinto a spostare i fondi dopo essere stato convocato in una conference call a cui hanno partecipato sia il manager sia diversi colleghi. Un meeting apparentemente normale, oltretutto con persone che l’uomo conosceva, e che poi però si sono rivelate tutte cloni digitali generati con l’IA.
Una storia inquietante, che la polizia di Hong Kong ha scelto di raccontare in conferenza stampa anche per mettere in guardia il pubblico più ampio possibile da questo tipo di frodi, che sembrano moltiplicarsi nella regione. Un’operazione criminale che colpisce l’immaginario soprattutto perché a convincere l’uomo sarebbe stata proprio la credibilità dei cloni incontrati in videocall, a suo dire perfettamente somiglianti alle persone reali sia nell’aspetto, sia nella voce.
C’è poi anche il fatto che non si tratta di un caso isolato: sempre le autorità di Hong Kong hanno infatti riferito che questo tipo di truffe sono in aumento e che, di recente, sono stati effettuati almeno sei arresti in relazione a questo tipo di crimini. Sono poi almeno 20 le occasioni in cui i deep fake sono stati utilizzati per ingannare e aggirare sistemi di riconoscimento facciale, utilizzando al contempo documenti di identità rubati. Tra luglio e settembre dell’anno scorso, sono state infatti circa 90 le richieste di prestito e 54 le registrazioni di conti bancari effettuate utilizzando questa tecnica.
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