"Chiedersi come un artefatto tecnologico cambi il potere e di fatto l'organizzazione della società" è una delle domande da porsi per affrontare l'impatto dell'innovazione tecnologica. "Quando abbiamo vissuto la pandemia un algoritmo dietro un portale d'informatica ha detto chi prendeva prima un vaccino e chi dopo. Quest'ordine era giusto, rispettava i diritti e i valori costituzionali?". A farsi queste domande è un nostro compito". Lo ha detto all'ANSA padre Paolo Benanti, docente di etica delle tecnologia all'Università Gregoriana, che ha partecipato ad un panel su intelligenza artificiale cybersecurity e la nuova frontiera della sicurezza nell'ambito della Conferenza degli ambasciatori.
Per contenere gli effetti di questi algoritmi la politica può intervenire, ha assicurato Benanti: "L'ordinamento di uno Stato è una sorta di guardrail in una strada, e nel momento in cui l'intelligenza artificiale è una macchina che può procedere verso una direzione, mettere i guardrail è impedire alla macchina di andare fuori strada".
Quanto al ruolo di diplomazia nelle nuove sfide tecnologiche, Benanti ha sottolineato che "la diplomazia è un compito fondamentale della repubblica per la promozione dell'immagine dell'Italia nel mondo, ma garantisce anche stabilità. Ed in un mondo sempre più interconnesso dove le catene di dipendenza tecnologiche sono internazionali, avere stabilità significa anche avere prosperità".
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