"Il caso in questione è un
esempio di diversi tipi di violenza: fisica, per i
maltrattamenti e la reclusione della vittima; psicologica, per
la disumanizzazione e la costrizione in stato di schiavitù;
economica per lo sfruttamento e sicuramente l'appropriazione
indebita dei beni della donna". A sostenerlo è la docente di
sociologia dell'Università di Perugia, Isabella Corvino,
interpellata sulla vicenda di una donna di 67 anni di Bojano
(Campobasso) ridotta in schiavitù per 22 anni da due famigliari;
la donna è stata liberata dai carabinieri dopo una segnalazione.
"Nell'immaginario comune, nonostante sia evidente qualcosa di
diverso - spiega la Corvino all'ANSA - la famiglia rimane un
ambiente collaborativo in cui il supporto e il mutuo aiuto
rimangono il collante fondamentale. Non a caso anche in politica
spesso si utilizza il tema per motivi strumentali senza far
emergere quanta violenza invece si consumi all'interno della
abitazioni private.
Quando i carnefici sono familiari, proprio in virtù delle
narrazioni sulla famiglia appare molto più difficile ribellarsi
e denunciare. La donna protagonista di questo caso di cronaca
afferma di aver più volte cercato aiuto, anche chi avrebbe
dovuto denunciare ha preferito rimanere fuori da una faccenda
privata".
Secondo la docente "le regole di questo spazio sociale sono
spesso diverse da quelle dello spazio pubblico; purtroppo alcuni
tipi di vulnerabilità come quella emotiva ed economica possono
essere strumentalizzati avviando una spirale di violenza che
raggiunti determinati livelli sembra impossibile da
disinnescare". "La Convenzione di Istanbul - aggiunge -
nell'art. 12 prevede il dovere di 'adottare le misure necessarie
per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali
delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi,
costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull'idea
dell'inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli
delle donne e degli uomini'. Per prevenire gli abusi familiari
bisogna investire sulla cultura, sull'istruzione; molto può fare
il legislatore, ma non è sicuramente sufficiente investire in
strumenti di sicurezza diretta".
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