"Il divieto di somministrazione
al banco è un attacco al modello di offerta del bar italiano che
si differenzia da quelli degli altri Paesi proprio perché basato
sul consumo al banco. Un provvedimento punitivo, senza che vi
sia nessun fondamento scientifico sui rischi sanitari che si
corrono. Anzi, la scienza continua a sostenere che il rischio di
contagio cresce con l'aumento del tempo di contatto". E' quanto
afferma il presidente di Fipe Confcommercio Molise, Carlo
Durante. "Per dare voce ai quasi mille bar del nostro
territorio, la Federazione dei pubblici esercizi del Molise -
aggiunge - si associa alla richiesta del presidente Stoppani di
un intervento urgente da parte del Mise, perché ormai il tema
della salute pubblica non può essere separato da quello della
tenuta di un intero settore produttivo. D'altro canto - prosegue
Durante - la norma, per come è scritta, non lascia adito a
interpretazioni".
Secondo la Fipe, la circolare con la quale il Ministero
dell'Interno ritiene che il decreto riaperture vieti ai bar la
possibilità di effettuare la somministrazione al banco "non ha
alcun fondamento giuridico e nessuna ragione di sicurezza
sanitaria. Si tratta - dice ancora la Federazione - di
un'interpretazione che nessuno si aspettava, considerando che il
decreto non esclude espressamente il consumo al banco, ma, al
contrario, ha voluto specificare con quali modalità può avvenire
il consumo al tavolo. D'altra parte, dopo 14 mesi di blocco
delle attività di ristorazione, almeno l'aspettativa di una
regolamentazione puntuale non dovrebbe essere tradita: in zona
gialla i bar hanno sempre avuto la possibilità di effettuare la
somministrazione al banco, anche in virtù del fatto che si
tratta di un consumo veloce, che non implica una lunga
permanenza all'interno degli esercizi. In sostanza - conclude la
nota -, stando alla circolare del Ministero dell'Interno, la
somministrazione al bancone non si potrà fare prima del primo
luglio mentre a partire dal primo giugno sarà possibile
consumare al chiuso, ma al tavolo. Un paradosso giuridico e
sanitario".
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