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Caso Pifferi, le psicologhe indagate per favoreggiamento

Caso Pifferi, le psicologhe indagate per favoreggiamento

Sotto indagine per falso anche l'avvocatessa. I pm: verifiche sulla gestione di altre detenute

MILANO, 24 gennaio 2024, 16:38

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico e sono state perquisite dalla polizia penitenziaria le due psicologhe del carcere di San Vittore che hanno redatto una relazione, effettuando un test sul quoziente intellettivo, su Alessia Pifferi, a processo a Milano per omicidio pluriaggravato per avere lasciato morire di stenti, nel luglio 2022, la figlia Diana di 18 mesi, abbandonandola in casa per 6 giorni.

Il pm Francesco De Tommasi aveva contestato la relazione basata sui colloqui con le psicologhe: avrebbero fornito alla donna "una tesi alternativa difensiva", un possibile vizio di mente, e l'avrebbero "manipolata". 

Con le due psicologhe è indagata per falso ideologico anche l'avvocato Alessia Pontenani, legale di Pifferi. Secondo De Tommasi, sarebbe stato attestato "falsamente" che la donna "aveva un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un 'deficit grave'", con un test non "utilizzabile a fini diagnostici e valutativi". E le due psicologhe avrebbero svolto, secondo il pm, una "vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante" nelle loro "competenze".

Alle due psicologhe, da quanto si è saputo, la Procura di Milano contesta più episodi in relazione alle accuse di favoreggiamento e falso ideologico per il loro lavoro effettuato su Pifferi. "E' nostro dovere esternare una forte perplessità rispetto ad una apparente prassi che, come ripetiamo, nella nostra piuttosto ampia esperienza, non abbiamo mai visto applicare a nessun altro detenuto", avevano scritto gli psichiatri Marco Lagazzi e Alice Natoli, consulenti della Procura, in una relazione depositata alla Corte d'Assise nel processo in corso. Una relazione nella quale, in sostanza, hanno criticato fortemente l'operato delle psicologhe di San Vittore.

Quel test psicometrico Wais ha stabilito che Pifferi, in pratica, ha un ritardo mentale. "Il contributo delle psicologhe è già stato ampiamente discusso - si legge nella consulenza - e non si può non essere perplessi per l'attuazione di un test che non ha nulla a che fare con la gestione penitenziaria ma è utile per la difesa penale, e per una intensiva rilettura del caso fatta con l'imputata di un così grave reato. L'impressione che si trae da tutto questo - scrivono i consulenti - è che ciò renda tra l'altro ormai inutile qualsiasi esame peritale, perché valuterebbe non i vissuti della persona, ma ciò che la stessa ha riferito di avere appreso e discusso nel lavoro con le psicologhe, unitamente al suo deresponsabilizzante convincimento di essere lei stessa una bambina (dati gli esiti del test sul quoziente intellettivo, ndr), sempre espresso dalla psicologa".

 

Da qui, secondo i pm, una presunta "manipolazione" sull'imputata. Intanto sarà depositata a fine febbraio la perizia psichiatrica disposta dalla Corte d'Assise (presidente Ilio Mannucci Pacini) per valutare la capacità di intendere e volere della donna. Perizia richiesta dalla difesa, con l'avvocato Alessia Pontenani, che ha valorizzato, tra le altre cose, proprio gli esiti della relazione delle due psicologhe, parlando di un "gravissimo ritardo mentale" della donna, che ha "un quoziente intellettivo di una bimba di 7 anni".

Le perquisizioni a carico delle due psicologhe sono state disposte dalla Procura di Milano anche per verificare, oltre ai "rapporti tra le indagate" e Pifferi, "più in generale" la "gestione" anche di altre quattro detenute da parte delle stesse professioniste.

Da una delle psicologhe un "movente antisociale". Alla base dei presunti illeciti commessi, in particolare, da una delle due psicologhe del carcere milanese di San Vittore, che si sono occupate di Alessia Pifferi, ci sarebbe, come ipotizzato dagli inquirenti, un movente "antisociale", anche perché, come risulterebbe da alcune conversazioni intercettate, la professionista, 58 anni, avrebbe detto che con la sua attività voleva scardinare il sistema, "goccia dopo goccia", salvando quelle che lei riteneva vittime della giustizia. Nell'inchiesta inquirenti e investigatori, da quanto si è saputo, avrebbero raccolto diversi elementi, tra cui anche intercettazioni effettuate in carcere, per approfondire pure la "gestione" da parte delle psicologhe, e in particolare della 58enne, di altre detenute. Agli atti ci sarebbe, poi, pure una telefonata tra la psicologa 58enne, che ha lavorato anche nel carcere di Opera, e l'avvocatessa, nella quale, stando alle indagini, le due si sarebbero complimentate a vicenda dopo l'effettuazione su Pifferi e gli esiti del test psicodiagnostico di Wais, secondo cui la donna, a processo per omicidio della figlia, avrebbe un quoziente intellettivo da bambina. Test non "fruibile né utilizzabile a fini diagnostici e valutativi", secondo il pm.

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