A 12 anni morì tra atroci dolori al
ventre il 30 dicembre del 2019 all'ospedale di Vizzolo
Predabissi (Milano), dopo oltre 48 ore di ricovero per via di
un'operazione all'intestino tardiva: il ritardo causò un infarto
intestinale che comportò una serie di arresti cardiaci che lo
stroncarono.
Per la morte del ragazzino, il giudice di Lodi ha condannato
l'Asst, cioè l'azienda socio sanitaria territoriale, Melegnano e
Martesana a risarcire i suoi famigliari, assistiti dall'avvocato
Giuseppe Badolato, dichiarando l'ente responsabile della causa
del decesso mentre è in corso un procedimento penale a carico di
un medico dell'ospedale.
Il giudice nella sentenza cita una perizia in cui si ritiene
accertato che "il percorso diagnostico e la gestione clinica
delle patologie che affliggevano il giovane, sin da suo arrivo
al pronto soccorso del presidio ospedaliero di Vizzolo
Predabissi siano stati caratterizzati da evidenti errori di
diagnostica nonché da inesplicabili ritardi terapeutici".
Il magistrato fa sua la perizia spiegando che "la gestione
del paziente da parte di tutti i sanitari che lo ebbero in cura
è stata caratterizzata, sin dall'inizio, da un atteggiamento
superficialmente attendistico e, di consuegueza inadeguato".
Le "non scelte" dei medici "hanno condotto a un progressivo
peggioramento del paziente" e hanno portato a "una diagnosi
certa con estremo ritardo quando il quadro clinico era ormai
seriamente compromesso e, quindi, con una quasi inevitabile
prognosi negativa". Il giudice stigmatizza la "continua attesa
(oltre 14 ore prima di effettuare l'esame radiologico 15 ore
prima di svolgere un'ecografia") nell'intervenire. Sottolinea
che se fosse stata eseguita una diagnosi tempestiva sarebbe
stato possibile un intervento in tempo utile. La probabilità di
sopravvivenza (il ragazzino fu portato al Pronto soccorso alle 5
:41) sarebbero state pressoché pari al 100%, scendendo sino al
90% in caso di intervento entro la sera del 28 dicembre.
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