Una carrellata di ricordi, con un
poco di malinconia, alla fine, per quel che è cambiato, ma senza
nostalgia perché questi, non solo per La Fabbrica dell'Attore,
sono stati '50 anni di (r)esistenza' e, come dice alla fine
Manuela Kustermann, "siamo ancora qui e il teatro non morirà
mai". Lei che oggi, dopo la morte di Giancarlo Nanni nel 2010,
compagno di vita d'arte, è alla guida della compagnia e del
Teatro Vascello, di cui ha fatto una delle sale più di qualità
di Roma.
La serata apre la stagione celebrando il mezzo secolo di vita
della Fabbrica dell'Attore, ma andandone alle origini, con il
lavoro di Nanni e della Kustermann iniziato una decina di anni
prima, in una città in fermento, segnando l'inizio della
stagione della cosiddetta Scuola Romana che, con le sue ricerche
e sperimentazioni, avrebbe cambiato il modo di far teatro. Ma
non solo, e la forza di questa serata, che si replica sino a
domenica e è da non perdere, specie per chi più giovane non l'ha
vissuta, è nel rievocare la vita artistica e culturale di tutta
la città tra gli anni Sessanta e metà Settanta. Un ritrovarsi,
ricercare, operare, confrontarsi e collaborare di tutte le arti,
dal teatro alla pittura innanzitutto, ma anche scrittura,
architettura, fotografia, senza soldi ma , come ricorda Manuela,
"tutti ubriachi di sogni", nelle cantine che andavano prendendo
vita. A cominciare appunto da La fede a Porta Portese di
Giancarlo e Manuela (dove debuttarono con loro Memè Perlini,
Valentino Orfeo, Giuliano Vasilicò e molti altri), alla celebre
Galleria di Plinio, a certe trattorie come Cesaretto, alle case
di tutti sempre aperte, e le notti a Piazza del Popolo o Piazza
Navona, e, quando tutto sembrava scemare e vivere l'ombra
inquietante del terrorismo, la reazione con l'arrivo vivificante
dell'Estate Romana di Renato Nicolini.
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