I Balcani "sono di nuovo una
miccia, dove si continua a fomentare una cultura della violenza
e del nazionalismo che trova il suo punto più alto nella
glorificazione del genocidio" e dove la situazione "è ancora più
complessa che negli anni 90" e per questo l'Europa deve
impegnarsi "a sostenere le forze del cambiamento nella regione".
E' lo scenario presentato a un convegno del Club geopolitica
Trieste e del Centro culturale Veritas all'Università di Trieste
da Francesco Ronchi, docente di Relazioni internazionali alla
Columbia University di New York e funzionario europeo, che si è
occupato del tema in quanto incaricato delle attività a sostegno
della democrazia nei Balcani dal Parlamento europeo.
Un'interpretazione che ha trovato eco nelle parole di Laris
Gaiser, consigliere politico del comandante della Kosovo Force
dall'ottobre 2022 a ottobre 2023, un "annus horribilis dal punto
di vista della destabilizzazione del Kosovo" culminato in
scontri nella primavera '23 in cui 93 persone sono rimaste
ferite gravemente, tra cui anche soldati italiani impegnati
nella missione di peacekeeping. "La missione italiana - ha
ricordato - è riuscita a prevenire per tre volte nuovi scontri
che potevano sfociare in una guerra civile con la capacità di
destabilizzare tutta l'area". Un'area che per Gaiser ormai è
diventata ampissima: "I Balcani vanno da Trieste a Mariupol", ha
ripetuto più volte. Dunque Gaiser ha espresso l'auspicio che
"l'Italia finalmente lavori sul lungo termine sui Balcani" dato
che "l'attuale governo ha detto di ritenerli una priorità".
Un monito sui rischi di 'balcanizzazione' che corre l'Europa
è giunto da Paolo Rumiz, scrittore e giornalista triestino, con
particolare riferimento alla sospensione di Schengen che prevede
"controlli alla frontiera" che "non servono assolutamente a
respingere nessuno" ma "a riabituarci all'idea di nazione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA