"Non vedo ingredienti per la
rivoluzione del mondo, vedo piuttosto ingredienti per un po' di
progresso tecnologico, che certamente può fare del bene a un
gruppo di persone, e ben venga, a patto però che la ricerca
ritorni nell' alveo delle regole della scienza, cioè all'interno
della comunità scientifica" dove ci sono checks e pubblicazioni,
tra gli 'amici critici'", garanzia di controllo che la finalità
sia il bene comune. E' il commento di Davide Crepaldi,
professore alla SISSA, dove coordina il gruppo di Neuroscienze
Cognitive, alle notizie sul Neuralink di Elon Musk.
Dunque, "cautela. Senza pubblicazioni ogni valutazione è
prematura". Resta la preoccupazione per una "ricerca in mano a
un multimiliardario che ha pochissimi checks e soldi pressoché
illimitati. Sarebbe meglio se questi studi fossero sotto il
controllo di una comunità più ampia e con fondi pubblici",
insiste Crepaldi.
Lo scienziato, dalle poche righe pubblicate su X sul caso,
ricava che "non si tratti di una nuova scoperta: noi già in modo
molto routinario usiamo algoritmi di decode". Vale a dire
fornire a una rete neurale i dati che si raccolgono sul cervello
con elettrodi applicati sullo scalpo, e la si allena a imparare,
ad esempio distinguere visi da campi fioriti. La rete neurale
impara la differenza", spiega Crepaldi. "Leggere le 'intenzioni'
del cervello non è difficilissimo ma un conto è capire se stai
vedendo volti o un campo fiorito, un'altra è se stai pensando di
premere il bottone tre e c'è un piccolo robot che lo schiaccia".
La seconda valutazione è che dalle scarse notizie diffuse, "non
si può capire granché del chip: il cervello è una macchina
estremamente parallela, cioè tanti neuroni che fanno conti nello
stesso momento. La difficoltà non è leggere i singoli canali che
si registrano ma capire il comportamento emergente della rete,
mettere insieme queste migliaia di processori che operano in
parallelo e capire cosa stiano cercando di fare". In altre
parole, sembra che "questo chip raccolga una quantità di
informazioni limitata" Cioè, "se bisogna fare il numero di
telefono della mamma, ok, ma per dare interazione con un device
elettronico a chi è paralizzato, come facciamo noi, il salto è
enorme".
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