Gli Oblivion tornano al Teatro
Duse di Bologna, città in cui si sono incontrati e formati nel
2003, il 15 e 16 aprile con 'Oblivion Rhapsody', lo spettacolo
che rappresenta la summa del loro universo. Un appuntamento
speciale, dove il quintetto formato da Graziana Borciani, Davide
Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli
festeggerà il traguardo delle prime 1.000 repliche della loro
carriera, dal 2009, anno del primo tour teatrale di 'Oblivion
Show'.
Da allora, si sono susseguite 13 tournée in tutta Italia per
7 spettacoli, tra cui il musical originale 'La Bibbia riveduta e
scorretta'. Sarà, dunque, un doppio ritorno alle origini per il
gruppo nato sotto le Due Torri e che proprio sul palco di via
Cartoleria portò un primissimo spettacolo di esordio. Sempre al
Duse poi, nel novembre 2008, debuttò l'ormai celeberrimo 'I
promessi sposi in 10 minuti', ancora prima del successo esploso
sul web con milioni di visualizzazioni. Il nuovo show che il
gruppo porta a Bologna chiude un tour nazionale punteggiato da
ripetuti sold out. Uno spettacolo senza paracadute per arrivare
all'apice del divertimento grazie a cascate di parole, suoni e
note scomposti e ricomposti, per prendere nuova vita. Gli
Oblivion saranno in scena 'nudi e crudi' per distruggere e
reinventare le loro hit, dopo aver sconvolto senza pietà quelle
degli altri. "Oblivion Rhapsody è l'apoteosi della degenerazione
musicale - sintetizza Lorenzo Scuda - è la nostra storia
musicale sbattuta, percossa e ridotta all'essenza. Senza trucco.
Alla vecchia. Rock and roll. Acustico. Parecchio Acustico, data
l'età". Lo show, diretto da Giorgio Gallione, riunisce infatti
le performance più amate e imitate della compagnia e parte
proprio dalle parodie dei classici della letteratura per
arrivare alla dissacrante satira musicale.
"Gioco, paradosso, ironia, sorriso: questo è il comico che vedo
negli Oblivion. Il tutto sorretto e condito da un talento
continuamente messo in discussione e da una professionalità
feroce rivolta soprattutto contro sé stessi" scrive Gallione
nelle note di regia. "Tutto è libero e volatile nel loro teatro,
ma nulla è affidato al caso, c'è un'architettura ferrea che
sostiene i loro castelli di carta".
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