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Musica: Elio canta Jannacci al Teatro Duse di Bologna

Musica: Elio canta Jannacci al Teatro Duse di Bologna

Dal 4 al 6 marzo con una band di 5 strumentisti

BOLOGNA, 03 marzo 2022, 12:38

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Ci vuole orecchio - Elio canta e recita Enzo Jannacci" arriva al Teatro Duse di Bologna dal 4 al 6 marzo con la regia di Giorgio Gallione che firma anche le coloratissime scenografie. Assieme a Elio, cinque musicisti a formare un'insolita e bizzarra carovana sonora, Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono, Giulio Tullio al trombone.
    A loro toccherà il compito di accompagnare lo scoppiettante confronto tra due saltimbanchi della musica alle prese con un repertorio umano e musicale sconfinato e irripetibile, arricchito da scritti e pensieri di compagni di strada, di Enzo Jannacci. Da Umberto Eco a Dario Fo, da Francesco Piccolo a Marco Presta, a Michele Serra. Uno spettacolo giocoso "un po' circo un po' teatro canzone - spiega Gallione nelle sue note di regia - dove la band permetterà ad Elio, filosofo assurdista e performer eccentrico, di surfare sul repertorio dell'amato Jannacci, nume tutelare e padre putativo di quella parte della storica canzone d'autore che mai si è vergognata delle gioie della lingua e del pensiero o dello sberleffo libertario, e che considera il comico, anche in musica, non come un ingrediente ciecamente spensierato, ma piuttosto un potente strumento dello spirito di negazione, del pensiero divergente che distrugge il vecchio e prepara al nuovo".
    Enzo Jannacci, il 'poetastro' come amava definirsi, è stato il cantautore più eccentrico della storia della canzone italiana, in grado di intrecciare temi e stili apparentemente inconciliabili: allegria e tristezza, tragedia e farsa, gioia e malinconia. Ogni volta il suo sguardo, poetico e bizzarro, è riuscito a spiazzare, a stupire: popolare e anticonformista contemporaneamente. Jannacci è anche l'artista che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare la Milano delle periferie degli anni Sessanta e Settanta, trasfigurandola in una sorta di teatro dell'assurdo realissimo e toccante, dove agiscono miriadi di personaggi picareschi e borderline, ai confini del surreale.
   
   

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