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L'altro Rinascimento di Filippo Lippi

L'altro Rinascimento di Filippo Lippi

A Palazzo Barberini anche il '300 di Giovanni da Rimini

ROMA, 16 novembre 2017, 20:36

Nicoletta Castagni

ANSACheck

Mostre: l 'altro Rinascimento del giovane Filippo Lippi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Mostre: l 'altro Rinascimento del giovane Filippo Lippi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Mostre: l 'altro Rinascimento del giovane Filippo Lippi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Dagli influssi della pittura severa di Masaccio all'incontro con la scultura 'eversiva' di Donatello, il cammino di formazione del maestro quattrocentesco fra Filippo Lippi è al centro di una mostra, piccola eppure di grande raffinatezza, allestita da domani al 18 febbraio negli spazi di Palazzo Barberini. Messe a confronto la 'Madonna di Tarquinia', riscoperta in una chiesa del territorio esattamente un secolo fa, la 'Madonna con donatori' (entrambe custodite nelle collezioni delle Gallerie Nazionali di Arte Antica) e altre splendide tavole provenienti da musei italiani e stranieri. Mentre tornano ad essere affiancati dopo oltre un secolo i due fondi oro (a lungo considerati un dittico) di Giovanni da Rimini grazie a un prestito della National Gallery di Londra.

Intitolata 'Altro Rinascimento. Il giovane Filippo Lippi e la Madonna di Tarquinia', la mostra dedicata al pittore fiorentino vuole appunto celebrare i cento anni dal recupero di un capolavoro, il cui studio ha gettato nuova luce sull'evoluzione del suo stile. Vasari descriveva il Lippi come "posseduto da Masaccio", ha spiegato il curatore Enrico Parlato, intervenuto alla vernice della mostra. Un giudizio che per molto tempo ha lasciato interdetti gli storici dell'arte, in quanto i capolavori più famosi del maestro, realizzati nella piena maturità, esprimono una tavolozza e una seduttività sensuale ben lontane dal rigore masaccesco e tali da influenzare gli allievi Botticelli e Filippino.

La scoperta della 'Madonna di Tarquinia', ha proseguito Parlato, ha permesso dunque a generazioni di studiosi di ricostruire il periodo formativo vissuto nel segno di Masaccio e dei canoni prospettici di Brunelleschi. La splendida tavola, identificata nel 1917 dallo storico dell'arte Pietro Toesca a Santa Maria di Valverde, durante una ricognizione sul territorio di Tarquinia, rappresenta la Madonna in trono, ma inserita in ambiente domestico che rimanda alla lezione fiamminga, senza aureola eppure ammantata di sacro. Il bambino è immortalato in una leggera torsione che ricorda lo spiritello porta-cero di Donatello, anch'esso in mostra. Lippi, quando nel 1437 dipinge la tavola, aveva già incontrato l'arte dinamica dello scultore rinascimentale e a questa si era ispirato. I piccoli, magnifici dipinti provenienti da collezioni internazionali, come la Frick di New York o il Fitzwilliam di Cambridge, nonché il San Paolo di Masaccio (dal pisano Museo di San Matteo) e il Giovane santo carmelitano (da Berlino) di un giovane Lippi, delineano un cammino che dalla bottega di Masaccio, passando dalla scuola senese, esplode infine nelle cromie sfavillanti e nella grazia assoluta della Madonna Barberini, simbolo di una Rinascenza liberata anche dall'ordine di Brunelleschi.

'Giovanni da Rimini. Passato e presente di un'opera' è invece la mostra che permette di ammirare la preziosa tavola con le 'Storie di Santi', realizzata da Giovanni da Rimini a cavallo tra '200 e '300, acquistata dalla National Gallery di Londra nel 2015 grazie al contributo di Ronald Lauder. L'opera è stata per due secoli nelle collezioni Barberini, affiancata alle 'Storie di Cristo' dello stesso autore, massimo esponente della scuola adriatica, e considerate un dittico. Ad un attento esame, però, sembra che non sia così, anche se ambedue probabilmente provengono dal convento eremitano di Sant'Agostino, a Rimini.

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