Mascolinità ossia come ci si aspetta
che ragazzi e uomini si comportino per il fatto di essere di
genere maschile, dunque maschi. Storicamente è a partire dagli
anni '60 del Novecento che il racconto della mascolinità si è
fatto meno univoco: erano gli anni della rivoluzione sessuale,
delle lotte per i diritti civili, della nascita del movimento
per i diritti dei gay, gli anni della controcultura. Da quel
momento l'essere maschio, pur in una società patriarcale fondata
sul potere e il dominio del maschio, allora come oggi, ha
cominciato a prendere varie strade e varie forme. Sono quelle
documentate nella mostra 'Masculinities: liberation throug
photography' al Barbican di Londra fino al 17 maggio. I
cambiamenti sociali sono fissati dagli scatti di Robert
Mapplethorpe, Richard Avedon, Laurie Anderson, Hal Fisher, Sunil
Gupta e Peter Hujar. Abbracciando l'idea di molteplici
"mascolinità" e rifiutando l'idea di un singolare "uomo ideale",
la mostra vuole sostenere la comprensione della mascolinità
libera e liberata dalle aspettative della società e dalle norme
di genere. Anche se si parte dagli anni '60, l'esposizione del
Barbican è assolutamente attuale, anzi tempestiva se si
considera l'attuale politica globale caratterizzata da leader
mondiali maschili che si pongono pubblicamente come uomini
'forti' (un immaginario smontato scatto dopo scatto), mentre
proprio gli effetti collaterali della mascolinità tossica sono
sotto i nostri occhi e hanno generato tra l'altro il movimento
#MeToo e portato in tribunale un simbolo di quel dominio
maschile come Harvey Weinstein, due volte colpevole e che sta
rischiando fino a 25 anni di prigione.
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