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Conclusa la spedizione sullo 'scivolamento' dell'Etna nel Mediterraneo

Conclusa la spedizione sullo 'scivolamento' dell'Etna nel Mediterraneo

Ricerca Meteor M198 della Geomar di Kiel, a bordo anche Ingv

23 febbraio 2024, 16:16

Redazione ANSA

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Un momento della spedizione Meteor M198 (fonte: INGV) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un momento della spedizione Meteor M198 (fonte: INGV) -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Un momento della spedizione Meteor M198 (fonte: INGV) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Dopo 13 giorni di navigazione al largo delle coste di Catania, si è conclusa la spedizione Meteor M198, organizzata dal Centro di ricerca oceanografica tedesco Geomar di Kiel. Alla crociera scientifica, il cui scopo principale è stato indagare le porzioni sommerse del fianco sud-orientale dell'Etna in costante movimento sotto le acque del Mediterraneo, ha partecipato anche l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

"L'Istituto monitora da diversi anni i lenti, ma progressivi movimenti dell'Etna", osserva Alessandro Bonforte, ricercatore dell'Ingv che era a bordo della spedizione M198. "Questi piccoli movimenti, che non coinvolgono solo la parte emersa del vulcano - aggiunge - non sono di norma particolarmente pericolosi, tuttavia in alcuni casi e in particolari condizioni possono diventare più consistenti e dare origine, oltre ai ben noti terremoti che periodicamente interessano il fianco orientale, anche, ad esempio, a frane sottomarine".

Per ottenere i dati necessari, i ricercatori a bordo della nave Meteor hanno adottato un approccio multidisciplinare. Oltre alla raccolta di campioni di roccia e di sedimenti e alla mappatura del fondale marino effettuata grazie a sonar multibeam e a sofisticati droni subacquei, tecniche geodetiche hanno consentito di sfruttare una rete di sensori acustici già installati sui fondali al largo di Catania nel 2016 per calcolare, sulla base dei tempi di propagazione delle onde sonore, i relativi movimenti di scivolamento tra i vari punti della rete. Misure che hanno già consentito di rilevare la deformazione attiva sulla prosecuzione della faglia di Acitrezza, almeno fino a 1.200 metri di profondità.

La missione è stata l'occasione anche per sperimentare una tecnica mai applicata ai vulcani con l'installazione di due piezometri per misurare le variazioni di pressione e di temperatura dell'acqua contenuta nei primi 5 metri di sedimento sul fondo del mare in prossimità della faglia. L'obiettivo, in questo caso, è provare a capire se, come già evidenziato nel caso di alcuni terremoti, un movimento del fianco del vulcano sia accompagnato o possa essere anticipato da cambiamenti nelle caratteristiche dei fluidi presenti al suo interno.

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