Mentre parte del mondo cerca di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi in più rispetto alle temperature dell’epoca pre-industriale, come richiesto anche dagli Accordi di Parigi del 2015, è possibile che in realtà questo limite sia già stato oltrepassato: lo indicherebbero le spugne che abitano gli oceani intorno ai Caraibi, che costituiscono degli ‘archivi’ naturali delle temperature oceaniche, i cui dati sono stati analizzati in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change e guidato dall’Università dell’Australia Occidentale. I risultati mostrano che anche l’obiettivo di mantenere il riscaldamento al di sotto di 2 gradi potrebbe essere superato entro la fine del decennio.
Le spugne coralline, dette anche sclerospugne, sono fondamentali per il funzionamento delle barriere coralline e possiedono uno scheletro calcareo nel quale vengono registrati tutti i cambiamenti climatici. I ricercatori guidati da Malcolm McCulloch ne hanno quindi raccolto campioni nei Caraibi orientali, dove la variabilità naturale delle temperature è inferiore rispetto ad altri luoghi, per ricostruire la storia climatica degli ultimi 300 anni.
I dati ottenuti suggeriscono che il riscaldamento legato alle attività umane sia iniziato già a partire dalla metà degli anni 60 dell’Ottocento, cioè circa 80 anni prima rispetto a quanto mostrano i rilevamenti fatti sulla superficie marina tramite strumenti. Perciò, nel periodo di riferimento 1961-1990 che viene utilizzato per calcolare eventuali anomalie, le temperature dello strato più superficiale degli oceani erano già aumentate di 0,9 gradi rispetto al periodo pre-industriale corretto, un valore maggiore degli 0,4 gradi finora stimati.
Ciò implica che le temperature globali potrebbero essere già oltre la soglia degli 1,5 gradi in più e che quella dei 2 gradi si avvicina velocemente. Secondo gli autori dello studio, infatti, tra 2018 e 2022 la superficie oceanica potrebbe aver registrato un aumento di 1,7 gradi rispetto alle temperature pre-industriali.
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