Un gruppo internazionale di scienziati ha lanciato l’allarme sulla battaglia contro il cambiamento climatico portata avanti negli oceani: le tecnologie usate per mitigare il riscaldamento e rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera potrebbero avere un forte impatto su questi ecosistemi. Ciò vale in particolare per le acque profonde, che coprono oltre il 50% della superficie del pianeta e contengono specie ed ecosistemi altamente vulnerabili.
L’allerta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Science e guidato dall’Università della California a San Diego, che ha riunito una squadra di esperti di fama mondiale della quale fa parte anche l’italiano Roberto Danovaro, dell'Università Politecnica delle Marche.
Gli interventi per il clima basati sull’oceano sono sempre più dichiarati come soluzioni promettenti, grazie a tecnologie che permettono di aumentare la riflettività della superficie del mare, fertilizzare gli oceani (disperdendo grandi quantità di sali di ferro per stimolare la crescita di alghe e fitoplancton che assorbono CO2), combattere l’acidificazione delle acque, o iniettare anidride carbonica liquefatta sui fondali oceanici.
I ricercatori guidati da Lisa Levin hanno analizzato le soluzioni proposte e valutato i potenziali impatti sugli ecosistemi, sollevando molte preoccupazioni: le profondità marine sono direttamente esposte agli effetti del cambiamento climatico e potrebbero ora affrontare ulteriori sfide a causa degli sforzi per contrastarlo. “Abbiamo tutti bisogno di misure urgenti per contrastare il cambiamento climatico, e gli abissi, lontani dai nostri occhi, appaiono come un serbatoio pressoché infinito per immagazzinare l'eccesso di carbonio dell'atmosfera prodotto dalle attività umane”, commenta Danovaro, tra i massimi esperti mondiali sulla salute degli oceani. “Ma le conseguenze vanno valutate attentamente, perché dagli oceani dipendono gli equilibri e il funzionamento dell’intero pianeta”.
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